41-bis, legittimo il no all’uso del frigo per conservare i cibi freschi

Il direttore del carcere può decidere di vietare ai detenuti sottoposti al 41-bis di utilizzare il frigorifero di sezione per conservare i cibi freschi. Lo ha deciso la Cassazione accogliendo il ricorso del ministero della Giustizia, contro il via libera all’uso del frigo dato dal magistrato di sorveglianza e confermato dal Tribunale di sorveglianza. Va ricordato che, dopo la sentenza della Consulta (186/2018) alle persone che scontano la pena nel regime speciale del cosiddetto carcere duro, è consentito cucinare all’interno delle celle cibi freschi o surgelati, ricevuti nelle visite in determinati giorni, e dunque anche a distanza dalla consumazione, oppure acquistati con il Modello 72, la griglia che indica i generi alimentari, bevande, medicinali e articolari vari, concessi in regime di sopravvitto.

La conservazione nelle borse termiche

Nel caso esaminato gli alimenti erano tenuti nelle borse termiche nelle celle dei detenuti, e conservati grazie alle mattonelle refrigeranti. Il magistrato di sorveglianza aveva accolto la richiesta di un recluso di poter mettere i cibi nel frigo della sezione. Un sistema che, ad avviso del magistrato, assicurava maggiori garanzie di conservazione rispetto alle mattonelle, che hanno una durata massima di 8 ore. Dello stesso parere era stato il Tribunale di sorveglianza che aveva respinto il ricorso del carcere. Il passo successivo è stato il ricorso di via Arenula accolto in Cassazione. Per la Suprema corte non si tratta di verificare il diritto acquisito a cuocere i cibi comprati o ricevuti secondo le modalità consentite, ma di valutare se il no opposto dall’istituto di pena all’utilizzo del frigorifero di sezione, possa compromettere la corretta conservazione dei cibi che, se non garantita, potrebbe precludere il diritto soggettivo alla sana alimentazione del detenuto.

Sull’organizzazione decide il direttore del carcere

Per la Cassazione il sistema adottato dal carcere è legittimo, e non mette a rischio nel tempo la genuinità degli alimenti come affermato dal Tribunale di sorveglianza. La situazione di fatto non integra «una effettiva violazione dei diritti del detenuto e dunque non giustifica l’intervento giurisdizionale a tutela». Le mattonelle che durano otto ore – suggerisce il collegio – si possono sostituire. Il magistrato di sorveglianza, come il Tribunale del riesame, hanno compiuto invece un’ingerenza – ad avviso della Suprema corte – imponendo al carcere un modello organizzativo diverso da quello adottato, considerato preferibile e più idoneo allo scopo. Ma – ricorda la Cassazione – la direzione dell’istituto è l’unica autorità che può decidere sul sistema da adottare, valutando praticabilità e idoneità rispetto alla situazione concreta di ciascun istituto.

Fonte: Il Sole 24 Ore