
“A Simple Accident”, Jafar Panahi magistrale
Un finale memorabile
“A Simple Accident” è un’allegoria sociopolitica estremamente riuscita, capace di alternare i toni della farsa con quelli della tragedia, unendoli per arrivare a un risultato di grande forza drammaturgica e stilistica. Insieme ai personaggi, anche noi spettatori ci troviamo di fronte a dilemmi morali e questioni relative a come ci comporteremmo se ci trovassimo davvero di fronte al nostro presunto persecutore.
In un’operazione tanto cupa e brutale, c’è però spazio per una grandissima umanità, dimostrata soprattutto da una toccante sequenza in cui la moglie del presunto aguzzino è pronta a partorire il secondo figlio.
Se già la pellicola ha una tenuta complessivamente invidiabile, è impressionante la crescita della parte conclusiva, grazie soprattutto a un lunghissimo piano-sequenza, in cui le vittime si troveranno a decidere cosa fare del loro presunto aguzzino, che è probabile rimarrà come uno dei momenti cinematograficamente più significativi dell’anno.
A seguire una scena finale, del tutto coerente con il cinema del regista di “Taxi Teheran”, che resterà a lungo nella mente di chi l’ha vista anche al termine dei titoli di coda. La sensazione è che il film finirà all’interno del palmarès, arricchendo la già ricchissima bacheca di premi del suo regista.
A Magnificent Life
Lontano dai riflettori della competizione si segnala inoltre positivamente “A Magnificent Life”, attesissimo ritorno al cinema d’animazione di Sylvain Chomet, a quindici anni di distanza dal bellissimo “L’illusionista”.
Fonte: Il Sole 24 Ore