Abitare il contemporaneo: Jeff Wall e altri 10 artisti in mostra a Bologna
È lo spazio dell’abitare uno dei cardini nella discussione sulla contemporaneità. Il focolare che manca, il rifugio che non è più tale, abitudini e identità che iniziano a vacillare. Nel capoluogo emiliano il tema della casa è affrontato “ad arte”, attraversando un secolo in una prospettiva geografica mondiale, grazie alla settima edizione di Foto/Industria, Biennale di fotografia dell’industria e del lavoro promossa dalla Fondazione MAST di Bologna: Home come luogo affettivo, e non solo l’edificio, House. Dieci mostre di autori internazionali, in sette prestigiose sedi del centro storico, sotto la direzione artistica di Francesco Zanot (fino al 14 dicembre), e la monografica del fotografo canadese Jeff Wall – Living, Working, Surviving al MAST di via Speranza, a cura di Urs Stahel (fino all’8 marzo). Tutto a ingresso gratuito, con in programma anche talk, proiezioni e workshop.
“Pittore della vita moderna” – nell’accezione con cui Charles Baudelaire intitolò il suo elogio all’illustratore della guerra di Crimea, Costantin Guys – Jeff Wall è ritenuto un artista in grado di donare bellezza eterna ai momenti effimeri della vita quotidiana. “Regista di una sola inquadratura”, come definisce se stesso. Fotografo che “comincia non fotografando”, come spiega delle sue composizioni preparate meticolosamente. Wall unisce la fotografia alla pittura (con riferimenti che vanno da Velazquez a Hopper), al cinema (da Fassbinder a Bresson), alla letteratura (uno per tutti, Dostoevskij). Sentimenti che rivivono, e fanno vivere, il presente continuo dei suoi scatti. “Immagini – dice Wall – che possono considerarsi un momento di verità sociale, ottenuto grazie agli strumenti della poesia.” Così i suoi tableaux vivants invitano lo spettatore, non solo a guardare, ma a continuare a esplorare oltre la scena, domandarsi, capire.
Jeff Wall
Jeff Wall – Living, Working, Surviving è un percorso di ventotto opere: “un ciclo infinito con molti perdenti” commenta il curatore Urs Stahel. Dal 1980 al 2021, le celebri lightbox e le stampe a colori, ma anche il bianco e nero di grande formato, com’è per Volunteer (1996), un uomo ripreso a lavare il pavimento, che ha assunto per un mese a pulire il suo atelier, situato in una zona difficile del centro di Vancouver, dov’è nel 1946 Wall è nato.
“Per me – confessa – questa mostra è un po’ insolita, diversa da tutte le precedenti in musei e gallerie dove sono chiamato a esporre le mie opere migliori, perché qui al MAST l’impegno richiesto è quello verso il mondo reale. (…) Quanto alla narrazione, io cancello la narrazione iniziale che mi è servita come canovaccio. Quando l’immagine esiste, la narrazione è sostituita da forma, colore… ed è lo spettatore che riscrive la storia, che io ho appena finito di cancellare, e può avere distanza dalla ’mia’ storia.”
La casa è un universo complesso e denso di significati – come chiarisce il direttore artistico di Foto/Industria, Francesco Zanot – “grande sfida industriale, simbolo di appartenenza, spazio della memoria e della trasformazione delle abitudini e dei desideri di chi le abita, oggetto che si modifica seguendo l’avanzamento tecnologico, manufatto culturale”. È così che Foto/Industria prosegue, in modo sfaccettato, il suo cammino nel cuore di Bologna.
Fonte: Il Sole 24 Ore