
Accessori e scarpe, la Cig sale a +66%
«Da una prima indagine congiunturale realizzata tra i nostri associati nei primi tre mesi dell’anno il settore pelle, accessori e calzature ha registrato un calo del fatturato del 6,4% rispetto all’anno scorso. Ovviamente se cambiamo prospettiva e guardiamo al 2019, i ricavi risultano in crescita del 3%, ma questi dati sono viziati dall’aumento dei costi e dei prezzi. A livello di pezzi, però, sono in calo. Anzi, direi che mancano i pezzi». Giovanna Ceolini, imprenditrice nel calzaturiero, presidente di Confindustria Moda Accessori, che riunisce le imprese della filiera della pelle nelle sue declinazioni (inclusa la pellicceria), mette molto bene a fuoco il problema che sta vivendo l’industria italiana del settore in questo momento: il calo della produzione.
La domanda di cassa integrazione in aumento del 66%
Gli effetti sono tanti e drammatici. Uno su tutti: la gestione della forza lavoro in questi momenti in cui le imprese della filiera lavorano anche a metà del loro potenziale, come sta accadendo ormai da oltre un anno a causa della crisi dei consumi dei prodotti di lusso. «Le ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni, nei primi tre mesi dell’anno, sono salite del 66% rispetto al 2024. Anno che, per il nostro settore, è già stato molto critico – spiega Ceolini -. Io sono convinta che ci sia molta resilienza da parte delle aziende che non vogliono perdere i loro dipendenti, li considerano preziosi perché iper specializzati, e tentano di superare questo periodo bruttissimo senza doverli licenziare». L’altra faccia di un settore che, nonostante tutto, teme di perdere competenze: «Siamo preoccupati, sì. Perché ci sono state molte persone che hanno chiesto di andare in pensione anticipata e per le nuove leve non è allettante entrare in un settore in crisi come è quello della moda oggi. Però, per preservare la filiera, avremo bisogno di professionisti per gestire la ripresa degli ordini, quando avverrà».
Esportazioni in calo del 6,5% nel 1° bimestre
Il quando, non è dato saperlo. La ripresa che si sperava potesse avvenire nella seconda metà del 2025 oggi è rimandata a data da destinarsi. «Non c’erano segnali e non ci sono nemmeno adesso», dice Ceolini. «La situazione geopolitica attuale, poi, è disastrosa: alle guerre che c’erano si è aggiunta quella tra Israele e Iran e, sullo sfondo, ci sono ovviamente i dazi: gli Stati Uniti sono fermi, in attesa, con molte persone che hanno perso molti soldi nelle fluttuazioni di Borsa. E dagli altri mercati, come la Cina, non vediamo reazioni di ripresa al momento». I dati delle esportazioni degli accessori-calzature relativi ai primi due mesi 2025 danno conto di questa impasse: «a gennaio e febbraio 2025 l’export è calato del -6,5% rispetto allo stesso periodo del 2024», dice Ceolini. Internamente, le cose non vanno meglio: «Gli italiani stanno eliminando le spese superflue».
Il tavolo per una nuova proposta di politica industriale
Fotografata la complessa situazione, le imprese stanno cercando di agire in un’ottica meno orientata al tamponare l’emergenza, per innescare una trasformazione di lungo periodo. La crisi è di sistema, non passeggera. «Il governo, con cui abbiamo un dialogo fitto, ci ha chiesto di sederci a un tavolo e mettere a punto una proposta di politica industriale a sostegno del settore. Dovrebbe essere pronta per luglio», dice Ceolini. I temi sul piatto sono diversi: «C’è il tema del caporalato, oggi di primissimo piano, che va combattuto. Come aziende, poi, abbiamo bisogno sicuramente di crediti d’imposta, anche se la controversia sul credito d’imposta per investimenti R&S ha lasciato “scottati” molti imprenditori, e poi di crediti bancari». Sostenere economicamente transizioni come quella digitale o quella sostenibile non è semplice: «Spendiamo soldi costantemente per tentare di tenere il passo con questa trasformazione spinta anche dalle normative europee, primo tra tutte il Regolamento deforestazione che sta mettendo in difficoltà la filiera della pelle».
Affinchè avvenga la ripresa, però, per Ceolini è fondamentale «mettere al tavolo tutti gli attori, incluisi i gruppi del lusso: sappiamo che chi ha più potere comanda, ma se vogliamo continuare a lavorare bisogna capire che è un lavoro di squadra. Il nostro compito è di far reinnamorare insieme il consumatore».
Fonte: Il Sole 24 Ore