Acciaio, corsa agli investimenti per impianti a forno elettrico
C’è il maxi-investimento di Metinvest a Piombino. Ma ci sono anche i piani di rilancio dell’ex Ilva, che in estate hanno spiazzato molti osservatori con la prospettiva di un ritorno all’acciaio colato a Cornigliano. C’è anche il recente annuncio di Danieli, pronto a mettere nel piatto 350 milioni di euro in nuova capacità produttiva per la controllata Abs. Infine, ciliegina sulla torta, sopravvive sottotraccia anche il progetto di ripartenza dell’acciaieria di Cividate al Piano, che solo pochi anni fa sembrava al capolinea. Alle prese con l’invasione delle esportazioni cinesi e in trincea sulla difesa del mercato del rottame (materia prima strategica per la carica nel forno elettrico), l’acciaio italiano si scopre terra feconda per nuove iniziative industriali, con sette-otto forni nuovi di zecca in pista per il futuro. Uno scenario che al momento resta in larga parte ancora sulla carta e che a una prima lettura appare a molti paradossale, viste le difficoltà vissute dal comparto negli ultimi due esercizi e la fatica, almeno nel breve, a imboccare la strada della ripresa. Basta guardare gli ultimi numeri di bilancio. Escludendo i guai di Acciaierie d’Italia, Acciaieria Arvedi (il principale player italiano) ha registrato nel 2024 un calo dell’Ebitda del 37,9%, con l’utile sceso da 139 a poco più di 18 milioni; Marcegaglia carbon steel ha chiuso con una perdita di 3,1 milioni, così come Feralpi (-37,7 milioni). Ma l’acciaio è settore anticiclico, e molti di questi investimenti annunciati rispondono a strategie di lungo periodo e logiche che nell’immediato possono sembrare non evidenti, legate anche alla scommessa di una iper-regionalizzazione dei mercati, con l’Europa pronta ad adottare misure di tipo protezionistico. D’altra parte in tempi recenti tutti i principali attori del mercato italiano hanno messo a terra investimenti in impianti e verticalizzazioni, e alcuni anche in capacità produttiva, alcuni in tempi non sospetti come nel caso di Arvedi (ha triplicato i volumi negli ultimi dieci anni), altri invece all’estero, come nel caso di Marcegaglia (attraverso operazioni di M&A).
Ogni storia però fa a sè. Le ragioni del rilancio dell’ex Ilva, in particolare, esulano da logiche di mercato in senso stretto. Il piano, presentato lo scorso 14 luglio al Mimit, prevede una produzione di 8 milioni di tonnellate di acciaio attraverso 4 forni elettrici, di cui tre a Taranto ed uno a Genova. Il riparto della produzione è 6 milioni a Taranto, in sostituzione dell’attuale produzione ad altoforno; a queste si aggiungono 2 tonnellate a Genova. La scelta però non sembra turbare troppo gli attuali produttori a forno elettrico italiani, perché l’alimentazione dovrebbe avvenire esclusivamente con preridotto (una spugna di ferro ottenuta lavorando il minerale con il gas), e solo in misura limitata con il rottame. Nessun operatore industriale, comunque, sembra al momento interessato a farsi carico di un’impresa del genere. Più temuto l’impatto per il nuovo forno elettrico preconizzato dall’ucraina Metinvest in Toscana, nelle aree della ex Lucchini, le stesse dove, fino a pochi anni fa, marciava uno degli ultimi altiforni italiani (spento definitivamente nel 2014 e demolito l’anno scorso). Il maxi-investimento da 2,5 miliardi, realizzati da Metinvest Adria (una jv tra Metinvest e Danieli) prevede la costruzione di una nuova acciaieria a forno elettrico con una capacità fusoria ex novo di circa 3 milioni di tonnellate. Un impianto che avrà bisogno di grandi quantitativi di rottame per funzionare. Ma, nonostante le rassicurazioni dell’ad di Metinvest Adria, Luca Villa, sulla copertura del fabbisogno attraverso contratti pluriennali già firmati, gran parte dei produttori italiani non nasconde la preoccupazione sugli effetti di questo investimento sull’equilibrio del mercato del rottame. Un timore esplicitato da Giuseppe Pasini, presidente di Feralpi, in un recente incontro tra i principali imprenditori italiani del settore e il ministro dello Sviluppo economico, Adolfo Urso. Una posizione condivisa anche dal presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, che sarà con tutta probabilità ribadita anche nella prossima assemblea dei produttori, in programma a Bergamo il 10 novembre. «Non mi stancherò di ripeterlo – spiega -: immaginare nuovi forni senza fare i conti con lo shortage di rottame e di energia è incomprensibile. Questo vale in particolare nel settore dei piani. Per l’ex Ilva, comunque, vedo al momento una situazione difficile, il rischio è che di questi progetti resti poco. Il maxi-progetto di Piombino, invece, aggraverebbe di quasi 3 milioni un mercato del rottame già critico». La road map degli ucraini sembra per il momento procedere senza interruzioni: lo scorso luglio è stato firmato l’accordo di programma e ora si apre il capitolo del funding. È in fase finale, invece, il piano di investimenti di Danieli in nuova capacità, predisposto qualche anno fa. A fine anno – hanno annunciato i vertici – inizieranno i lavori per il terzo forno di Abs, da 730mila tonnellate, che sarà operativo per fine 2027, con l’obiettivo di contribuire a raggiungere dell’obiettivo di 5 miliardi di fatturato per il gruppo. La convinzione è che le novità normative al vaglio della Commissione europea, legate a nuove misure protezionistiche, possano contribuire a una migliore stabilizzazione del mercato, aprendo anche nuovi spazi oggi preclusi dalle importazioni. In ogni caso la nuova capacità sarà destinata a un mercato diverso rispetto a quello dell’ex Ilva e di Metinvest: verticalizzerà il nuovo laminatoio per vergella inaugurato nel 2021. Avanza infine, in questi mesi, anche il progetto di riapertura dell’acciaieria di Cividate al Piano (Bg). La nuova proprietà, rappresentata dalle Acciaierie di Rubiera, fa sapere che la ristrutturazione è in corso, a breve sarà installato il nuovo forno. Si tratta di un impianto Aod, che è cosa diversa dal forno ad arco elettrico: è funzionale alla raffinazione dell’acciaio inox e usa ghisa da altoforno o acciaio fuso da forno elettrico, ma non direttamente rottame. Si tratta comunque di un impianto dalla capacità di 50 tonnellate, per produrre acciai inox e leghe nichel. La messa in produzione è attesa tra la fine del 2026 e inizio 2027. «La ristrutturazione procede bene – spiegano i tecnici -: a oggi è stato smantellato e bonificato il vecchio forno con colata continua, sono state sistemate coperture e strutture dei capannoni, sono stati rigenerati gli impianti ancora utilizzabili».
Fonte: Il Sole 24 Ore