Addio museo: l’ex Zecca di Roma diventa un palazzo per uffici

Addio museo: l’ex Zecca di Roma diventa un palazzo per uffici

Doveva rappresentare la rinascita culturale del quartiere Esquilino ma, nonostante l’entusiasmo, il progetto di riqualificazione della ex Zecca dell’Istituto Poligrafico dello Stato (IPZS) è stato stravolto a pochi mesi dal suo completamento, infrangendo così la promessa di un nuovo grande polo culturale al centro di Roma. L’intervento, approvato nel 2021 con un investimento di 35 milioni di euro, puntava a trasformare il monumentale edificio di via Principe Umberto in un hub culturale integrato dove le funzioni espositive del nuovo Museo della Zecca si intrecciavano con i laboratori della prestigiosa Scuola dell’Arte della Medaglia, una foresteria, una biblioteca, un bookshop, una caffetteria e un’area di ristorazione aperta al pubblico. Invece, a cantiere quasi concluso, è arrivata la doccia fredda: il complesso diventerà una sede per uffici. La decisione è stata assunta dall’IPZS attraverso una variante progettuale che ha di fatto cancellato l’impianto culturale inizialmente previsto, destinando oltre 8.000 metri quadrati su un totale di 11.000 a funzioni amministrative interne.

Una retromarcia silenziosa

Il progetto originale, firmato dallo studio Atelier(s) Alfonso Femia con la curatela di Progetto Zenone, prevedeva il recupero e la valorizzazione dell’archeologia industriale dell’ex Zecca di Stato. Al suo interno sarebbe dovuta nascere la FAM – Fabbrica dell’Arte e dei Mestieri, concepita come un laboratorio urbano dove far dialogare cultura, saperi artigianali e innovazione, offrendo al quartiere uno spazio dinamico e aperto, capace di connettere il patrimonio storico della prima Zecca d’Italia con le esigenze contemporanee della città. Oggi, tuttavia, di quella visione originaria resta poco più di un ricordo. Infatti, con la variante approvata dal Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il complesso sarà destinato principalmente a ospitare uffici amministrativi, una mensa aziendale e la sede del Comando dei Carabinieri per la Tutela della Moneta – Anticontraffazione. Il Museo della Zecca rimarrà ma nella sede periferica di via Salaria, mentre la storica Scuola dell’Arte della Medaglia sarà trasferita in via Nomentana. A completare questo ridimensionamento, l’incremento degli spazi destinati a parcheggi aziendali, passati da 800 a oltre 1.100 mq. Un ridisegno funzionale che, di fatto, svuota il progetto della sua carica simbolica e culturale, sottraendo al quartiere Esquilino una rara occasione di rigenerazione urbana e rilancio sociale.

Secondo quanto riferito dall’IPZS, la revisione del progetto sarebbe stata determinata da “esigenze mutate”. Almeno così si legge nella relazione tecnica approvata a marzo 2025 dove si legge: “le mutate esigenze maturate in seno alla Stazione Appaltante hanno indotto allo sviluppo di una variante progettuale”. Tuttavia, dietro questa motivazione formale sembrano emergere anche considerazioni di natura economica. Lo stesso IPZS, società interamente controllata dallo Stato i cui utili sono destinati alla riduzione del debito pubblico, ha precisato che portare a termine il progetto nella sua formulazione originaria avrebbe generato perdite annuali stimate tra i 2 e i 3 milioni di euro, su un fatturato complessivo di circa 500 milioni. Una giustificazione contabile, insomma, che solleva interrogativi ben più ampi sullo stato del settore culturale nel nostro Paese. Ma è davvero questo il parametro con cui intendiamo misurare l’impatto della cultura? Perché se il suo valore si riduce a una semplice voce di bilancio, il rischio più serio non è la perdita economica, ma quello ben più insidioso di un progressivo impoverimento civile e culturale, destinato a propagarsi ben oltre i confini del singolo progetto.

Il caso arriva in Parlamento

Il controverso cambio di destinazione dell’ex Zecca di Stato ha suscitato reazioni e interrogativi anche sul fronte politico. Negli ultimi mesi, sono state presentate due interrogazioni parlamentari rivolte al Ministero dell’Economia e delle Finanze: una a firma di Paolo Ciani (Demos) e l’altra di Valentina Grippo, vicepresidente della Commissione Cultura della Camera. Entrambi i deputati criticano la trasformazione di un progetto concepito con finalità pubbliche e culturali in un semplice edificio a uso amministrativo, denunciando la perdita di una concreta occasione di rigenerazione urbana per il rione Esquilino.

Fonte: Il Sole 24 Ore