
Aerospazio, tech e pharma, tra i settori dove l’Ai cambierà di più il lavoro
Dall’aerospazio, al tech, al pharm, all’automotive e al retail, l’ondata di cambiamento portata dall’intelligenza artificiale cambierà ruoli e lavori nelle aziende. In che modo? E soprattutto, come le aziende stanno rispondendo? Alla domanda che in molti si pongono, The Adecco Group ha provato a dare una risposta sondando 2mila manager di 17 paesi e 13 settori con la ricerca “Business Leaders 2025”. La gran parte, il 63%, dice che i lavoratori dovranno acquisire nuove competenze e ridefinire il loro ruolo in azienda per adattarsi all’evoluzione dell’Ai. Il risvolto della medaglia è che però la maggior parte delle aziende non ha ancora una strategia concreta in grado di affrontare i cambiamenti generati dall’Intelligenza Artificiale (IA), pur essendo ormai chiaro che sarà uno dei fattori più importanti nel ridefinire il mercato del lavoro.
I settori più impattati
Il cambiamento dei ruoli appare particolarmente rilevante, a livello globale, nel settore aerospaziale e della difesa (67%), seguito dal tech (62%), pharma e healthcare (59%), automotive (59%) e retail/largo consumo (52%), dove l’aspettativa verso i lavoratori risulta essere particolarmente marcata.
La mancanza di strategia sull’Ai
Se sul potenziale dell’Ai a supporto del lavoro c’è una crescente consapevolezza, un terzo (il 27%) delle imprese italiane ammette di non avere ancora una strategia chiara sul suo uso nella propria organizzazione, un dato migliore rispetto alla media globale del 34%. Sempre a livello globale, le maggiori difficoltà si vedono in settori come l’energy e le utility (41%) e per i beni di largo consumo (39%), dove l’assenza di policy sull’IA risulta al di sopra della media. «Questi dati evidenziano il duplice volto dell’impatto della trasformazione digitale sul mercato del lavoro: da un lato, una forte consapevolezza da parte dei leader della necessità di evolversi, dall’altro, una reale difficoltà nell’attuare strategie concrete», commenta Roberto Pancaldi, VP HR Adecco Italy & Country Head of HR The Adecco Group Italy. In questo scenario, se le imprese vogliono cogliere le opportunità è necessario che «accelerino sulla formazione, con investimenti mirati e promuovendo una cultura aziendale orientata allo sviluppo continuo delle competenze. Solo così sarà possibile colmare il sempre più marcato skill mismatch e costruire organizzazioni realmente future-ready».
Gli investimenti per lo sviluppo delle competenze tecniche
Il nostro Paese, in questo contesto globale, si distingue dagli altri per gli investimenti nella comprensione e nello sviluppo delle competenze tecniche, tant’è che il 45% delle aziende italiane dichiara di investire in strumenti di analisi dati per identificare e colmare il mismatch, contro un modesto 33% a livello internazionale. A livello settoriale, trainano in questo senso, globalmente, il commercio e largo consumo (41%), seguiti dal comparto dell’automotive ed energy che risultano meno attivi (rispettivamente 33% e 28%).
Fonte: Il Sole 24 Ore