Affitti brevi, salvi dall’extra tassa soltanto i contratti fai da te
Oltre 66mila immobili in Toscana, più di 55mila in Lombardia e Sicilia, circa 40mila in Puglia e Sardegna. La nuova tassazione sui redditi da affitti brevi, inserita nel Ddl di Bilancio e al centro delle polemiche interne alla maggioranza, andrà a colpire soprattutto alcuni territori, come si vede dai dati di Aigab, l’associazione gestori affitti brevi, che fotografano esattamente il perimetro toccato dall’intervento proposto dall’esecutivo, cioè quello degli immobili proposti online, tramite annunci sui grandi portali, per affitti sotto i trenta giorni.
Forze politiche contrarie e soggetti coinvolti dalla stretta
Un intervento che anche ieri ha continuato a essere oggetto di un tiro a segno della stessa maggioranza di Governo, a partire dai due vicepremier. Antonio Tajani (Fi) ha annunciato: «Noi voteremo contro in Parlamento, presenteremo un emendamento soppressivo». Sulla stessa linea Matteo Salvini (Lega): «È una tassa sciocca con gettito minimo che lede la proprietà privata, è entrata in manovra in modo distratto, verrà cancellata». E anche da Fratelli d’Italia, attraverso Gianluca Caramanna, responsabile del Dipartimento turismo, indica una strada possibile: «Ora attendiamo l’inizio in Senato della sessione di bilancio e sono sicuro che la maggioranza sugli affitti brevi troverà un’intesa».
Tornando al merito, l’aumento dal 21 al 26% della cedolare secca non toccherà soltanto i 502mila immobili oggi pubblicizzati su internet. La stretta, infatti, scatterà sia per chi affitta tramite portali sia chi affitta tramite «soggetti – dice la legge di Bilancio – che esercitano attività di intermediazione immobiliare», come le agenzie. Non a caso contro la norma si è scagliata anche la Consulta interassociativa nazionale dell’intermediazione immobiliare, che riunisce Fiaip (la federazione degli agenti immobiliari professionali), Fimaa (la federazione italiana mediatori agenti d’affari) e Anama (l’associazione nazionale agenti e mediatori d’affari). Anche la mediazione fisica, e non digitale, subisce insomma un aggravio.
Non è tutto. La relazione tecnica che accompagna la legge di Bilancio spiega: «Nel caso in cui l’immobile, durante il periodo d’imposta, sia invece stato locato tramite i soggetti che gestiscono portali telematici, in caso di opzione per il regime della cedolare secca, si applica l’aliquota più elevata del 26 per cento». Quindi, se nel corso del periodo di imposta è stato sottoscritto anche un solo contratto tramite un portale telematico o tramite un intermediario fisico, scatta la tassazione più pesante, al 26%, e non è possibile esercitare l’opzione per la tassazione al 21% per il primo immobile affittato.
Gli esclusi
In concreto, allora, chi resta fuori dalla stretta? Potranno accedere alla tassazione al 21%, esercitando l’opzione in dichiarazione, soltanto i proprietari che facciano ricorso al fai da te. Che, cioè, affittino l’immobile direttamente, senza alcuna forma di intermediazione. Non solo: è necessario che questo assetto venga mantenuto sempre nel corso dell’anno fiscale. Soltanto chi utilizza il fai da te e non passa mai, neppure una volta, da agenzie o portali, potrà ottenere lo sconto di cinque punti percentuali rispetto al 26 per cento. In questo caso, c’è un ulteriore vantaggio: si versa la cedolare senza passare dalla ritenuta, direttamente e interamente tramite la dichiarazione dei redditi. Anche se – va detto – l’identikit di questi soggetti assomiglia molto di più a quello di chi affitta senza dichiarare.
Fonte: Il Sole 24 Ore