affrontare i paradossi nelle organizzazioni

affrontare i paradossi nelle organizzazioni

Siamo cresciuti con l’idea che, davanti a un bivio, si debba scegliere: o da una parte, o dall’altra. Il nostro modo di pensare adora gli estremi, li trova rassicuranti – e quindi via di machete nello sguardo sul mondo. Vogliamo distinguere, sempre e comunque: il buono dal cattivo, il giusto dallo sbagliato. Etichettiamo ciò che è bianco e ciò che è nero, perdendoci sfumature e nuance.

E quando passiamo dalla sfera individuale a quella organizzativa, il ritornello è molto simile: o cresci o proteggi quello che sei. O decentralizzi o mantieni il controllo. O insegui il profitto o scegli la sostenibilità.

Questo modo di ragionare – semplice, lineare, rassicurante – ci ha accompagnati a lungo. Ma oggi, come spesso ricordiamo in questa rubrica, le organizzazioni non affrontano solo problemi complicati, ma sfide complesse. La differenza non è solo semantica: nel “complesso” ci sono variabili che si influenzano a vicenda, tensioni che non si risolvono ma si devono attraversare. E quando la realtà è fatta di ambivalenze e paradossi, il pensiero “o… o” diventa una trappola.

Wendy Smith e Marianne Lewis, nell’ottimo libro Both/And Thinking, propongono un approccio diverso: non scegliere tra A o B, ma provare a tenere insieme A e B. Cercare soluzioni che non escludano, ma che integrino. Il pensiero integrativo – definito da Roger Martin e approfondito da Smith e Lewis – è la capacità di tenere insieme elementi in apparenza opposti, senza forzarli in un compromesso, ma cercando qualcosa di nuovo che li abbracci entrambi.

Fonte: Il Sole 24 Ore