Agricoltura, la frontiera dei biostimolanti vale 5 miliardi in Europa

Agricoltura, la frontiera dei biostimolanti vale 5 miliardi in Europa

Chi ha mai immaginato che si potesse migliorare la produzione agricola facendo ricorso alle alghe? O che strumenti di resilienza si potessero individuare a partire da commodity come riso, soia, piante aromatiche ed erba medica? O che, ancora, invece di combatterli si potessero selezionare batteri in grado di migliorare la produttività delle piante e la qualità dei prodotti?

È la nuova frontiera dei biostimolanti, promettente segmento della ricerca nel settore dei fertilizzanti e dei mezzi tecnici di supporto alla produzione agroalimentare individuati all’interno del ventaglio di strumenti disponibili in natura (partendo da materie prime di origine vegetale o animale) favorendo inoltre un importante salto di qualità anche sul terreno della sostenibilità ambientale delle produzioni.

La sfida, sempre più ambiziosa, è ormai chiara a tanti: aumentare la produzione agroalimentare per una popolazione mondiale in crescita e in un quadro di cambiamento climatico riducendo al tempo stesso l’impatto ambientale. Una sfida articolata alla quale è possibile dare risposta solo affidandosi alla ricerca scientifica perché solo mediante la ricerca è possibile individuare strumenti e metodologie per preservare la produzione agricola da eventi atmosferici estremi e stress ambientali (temperature elevate, siccità, salinità eccessiva), diffondere le tecniche agricole in territori in passato considerati poco vocati, aumentare la resilienza delle piante, la loro produttività e la qualità dei prodotti nelle aree invece nelle quali la produzione agroalimentare è consolidata.

I biostimolanti agiscono lungo due direttrici: o migliorando direttamente le performance vegetali oppure favorendo un generale miglioramento della “rizosfera” ovvero l’habitat nel quale la pianta vive. Quindi il terreno che circonda le radici e che contiene acqua, sali minerali, composti organici e una molteplicità di microrganismi che possono interagire con le radici stesse della pianta, modulandone il nutrimento, la crescita e la resistenza agli stress ambientali.

Fonte: Il Sole 24 Ore