Aiuti a Gaza, Flotilla rifiuta la mediazione: ecco cosa può accadere ora
I rischi una volta usciti dalle acque internazionali
Ma questa presenza è limitata alla navigazione in acque internazionali. Il problema si porrà quando la Flotilla arriverà nelle acque bloccate dalle forze israeliane. «Per la flottiglia siamo ancora a 450 miglia, dal punto pericoloso», ha chiarito il ministro della Difesa, ma «la nostra intenzione è far capire che una volta usciti dalle acque internazionali nessuno sarà in grado di garantire la sicurezza e neanche l’aiuto in caso accadesse qualcosa. Lo dico percependo la gravità di una situazione che forse sfugge: è una gravità della situazione che non dipende né dalla volontà di questo Parlamento o di questo Governo né dagli altri 44 governi o parlamenti delle 44 nazioni che sono rappresentate tra gli equipaggi della flottiglia». Perché – ha proseguito Crosetto – «una volta usciti dalle acque internazionali e entrate nelle acque dove sappiamo tutti esserci il blocco israeliano, che sono considerate israeliane, sfuggirà dal controllo e dalla possibilità di ognuno di noi di agire a tutela di queste persone».
Crosetto: se la flottiglia forza il blocco israeliano le navi italiane non escono dalle acque internazionali
In una nota il ministro ha chiarito ulteriormente il concetto: «Come ho detto con chiarezza, sia in Parlamento sia all’uscita, non ci saranno due navi contemporaneamente impiegate nell’area – si legge nel documento che è stato divulgato -. La fregata Alpino sostituirà infatti la fregata Fasan, che rientrerà alla propria missione originaria. Per ripetere, anche in questo caso ciò che ho detto con chiarezza in Parlamento, le unità navali italiane non svolgono funzioni di scorta, né usciranno dalle acque internazionali, qualora la flottiglia dovesse decidere di forzare il blocco israeliano. Anzi uno degli obiettivi è quello di scongiurare tale eventualità ed evitare possibili conseguenze negative». Il ministro della Difesa ha poi ricordato che il ministero degli Esteri, in stretto coordinamento con la Difesa, ha offerto una soluzione per consentire l’arrivo degli aiuti umanitari, e ha assicurato la presenza in prossimità dell’area di una nave militare, pronta a fornire assistenza e soccorso. «Resta tuttavia indispensabile – si legge ancora nella nota – che la flottiglia non tenti di forzare il blocco: esporre vite umane a rischi in acque nelle quali non sarebbe possibile intervenire in soccorso non avrebbe alcun senso e comporterebbe pericoli inutili».
L’Ammiraglio in congedo Caffio: invio della nave Fasan nell’ambito della protezione dei nostri connazionali all’estero
La decisione del Governo di mandare la fregata Fasan, che verrà poi sostituita dalla Alpino, «rientra nella protezione dei nostri connazionali all’estero, che è un compito delle Forze Armate, in questo caso della Marina Militare », spiega l’Ammiraglio in congedo Fabio Caffio, docente a contratto di “Introduzione geopolitica e diritto internazionale del mare” presso l’Università di Bari. L’operazione in acque internazionali, aggiunge, è «una misura preventiva aderente al diritto internazionale e alle attribuzioni della Marina. L’assistenza in mare a chi sia in difficoltà è infatti compito precipuo della Marina: compito non militare quanto alle finalità, ma militare circa i mezzi impiegati. Proprio per questo – osserva Caffio – non può ipotizzarsi che l’invio della nostra unità abbia natura offensiva, visto l’assenza di ogni finalità militare a prescindere ovviamente dal diritto ad usare la forza se aggrediti». Sullo sfondo, conclude, «ci sono anche altre questioni quali il diritto a manifestare liberamente e pacificamente in mare il proprio pensiero, nonché il diritto di Israele a mettere in atto misure di autoprotezione in un contesto bellico a condizione di rispettare i canoni della necessità e proporzionalità».
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Fonte: Il Sole 24 Ore