
Al Busoni vince l’estro Cinese
Ha uno dei nomi più comuni in Cina, Yifan Wu, eppure è riuscito a emergere: primo premio al Busoni, in concorso pianistico più importante in Italia, storia e visibilità internazionale. La sessantacinquesima edizione si è conclusa nei giorni scorsi a Bolzano, dopo una maratona di due anni di selezioni, distribuite nel mondo. Il ventenne sottile, occhiali da studioso, mani consumate dallo studio alla tastiera, mobilissime e infallibili, ha sbaragliato non solo i 648 concorrenti iscritti della prima ora, ma anche i numerosi orientali che come lui erano riusciti ad entrare nella ambitissima finale. Il pianoforte oggi, si sa, abita in Oriente. Yifan viene da Shanghai e con lo scudo del Busoni è pronto a conquistare pubblico e appassionati.
Votando per lui, ma non all’unanimità, la giuria ha chiaramente fatto capire di preferire la sua scintillante estrosità al virtuosismo più strutturato del secondo premiato, il georgiano Sandro Nebieridze, ventiquattro anni, di Tbilisi e con studi a Monaco (già in carriera, un disco Harmonia Mundi e conosciuto nei giri pianistici). La scelta è comprensibile. Anche se strettamente ascoltando non del tutto condivisibile. Wu ha suonato un “Terzo” di Beethoven ignorando la tradizionale idea di suono che colleghiamo alla tonalità di do minore, tanto importante e con uno specifico significato drammatico per il compositore. Ha staccato tempi liberi, senza troppa relazione di forma; ha tranquillamente innestato la marcia più veloce quando si trattava di affrontare i passi di maggiore evidenza, mettendo alla prova il gesto del direttore George Pehlivanian (per fortuna saldo di esperienza e di carattere) e l’Orchestra Haydn, in buona forma, in particolare gli archi, ma chiaramente spiazzata di fronte alle capriole del piccolo acrobata.
La sua indipendenza, oltre che i fuochi d’artificio delle prove solistiche precedenti – online, sul sito del Premio Busoni – ha contagiato anche il pubblico che lo ha voluto al primo posto. La finale era in diretta, sia in Italia su Rai5 e RadioTre, sia nel mondo, e sembrava mirata a intercettare gli spettatori orientali, in quell’orario insolito di svolgimento, a partire dalle 10 di mattina. Wu suona “alla Radu Lupu”, seduto su una comune seggiolina bassa, e mostra una sicurezza infallibile. Quando non tocca la tastiera incrocia serafico le braccia. Ed è lui, beata spregiudicatezza dei ventenni, persino a dare il benestare al direttore: “Attacca pure”, sembra dirgli con un gesto sbrigativo della mano. Pehlivanian, come un buon nonno, pacato sorride.
Certo si trova molto più in assetto con il terzo arrivato della mattinata e dei premi, Christos Fountos, cipriota e con studi a Londra, ventotto anni di esperienza che si sentono. Il suo “Primo” di Rachmaninov è un grande racconto musicale. Forse un pizzico pacato, per essere sul trampolino di un concorso. Ma di assoluta affidabilità. Mentre chi rimane nella memoria maggiormente, sempre con Rachmaninov, con la “Rapsodia” sul tema dell’ultimo “Capriccio” di Paganini è Sandro Nebieridze: stupenda la varietà di colori, nelle tre parti diverse della composizione; molto sensibile l’intreccio storico, la capacità di restituire un significato al motto di un “Dies Irae” che si frange nello swing di Hollywood. Con mano, peraltro, molto originale e dotata. Che la festa del pianoforte continui, dunque. E grazie al Busoni, approdato a un parterre tanto qualificato. Prezioso anche per il quinto posto a un eccellente Elia Cecino. E con il regalo di un doppio vincitore: uno ufficiale, uno del cuore.
Fonte: Il Sole 24 Ore