Al centro della nuova geopolitica usando la leva di tecnologia e sovranità digitale
Presto saremo costretti a rinominare l’area geografica “Medio Oriente”. In un mondo destinato a diventare sempre più multipolare, in una fase geopolitica e tecnologica in cui il controllo delle infrastrutture digitali e dell’autonomia tecnologica non determinerà solo chi comanda ma anche cosa è “centrale” la definizione “Medio Oriente” appare superata: nasce da una costruzione che vedeva l’area come intermedia fra il “Vicino Oriente” e l’“Estremo Oriente” rispetto all’Europa quando il nostro continente era centrale. Oggi, in una competizione sempre più legata alla catena del valore digitale globale e al dominio dei modelli linguistici, chi controlla questi modelli, i dati, gli algoritmi e le risorse energetiche per farli funzionare, ha in mano la leva geopolitica. I paesi del Golfo, come Israele, non vogliono più stare “in mezzo”: vogliono essere al centro e per spostare l’ago della bilancia puntano sulla tecnologia e sulla sovranità digitale che consente il controllo su chi detiene il potere di decidere, regolare, intervenire in modo legittimo. Il Principe Bin Salman può tenere il timone utilizzando l’AI per il controllo là dove i suoi predecessori utilizzavano il fondamentalismo religioso che lui ha marginalizzato. Stanco di essere tirato per il mantello, il Regno saudita utilizza l’evento Future Investment Initiative come arena per lanciare la partnership del FII con HUMAIN, l’AI powerhouse globale controllata dal Fondo Sovrano PIF, che promette di evolvere il sistema operativo tradizionale posizionandosi come terzo polo del settore oltre Usa e Cina. Infrastrutture proprietarie, Data Center locali, “edge computing”, cioè calcolo di prossimità senza cloud stranieri, modelli allineati con i valori della cultura araba, lingua e dialetti, energia.
Il messaggio è chiaro: l’Arabia non è solo la sede di un evento che sta raggiungendo l’importanza del World Economic Forum. Con 200 miliardi di accordi in investimenti raggiunti in nove anni, 20 Capi di Stato atterrati, 250 ceo e banchieri tra cui Dimon di JP Morgan, Solomon di Goldman Sachs, Fink di Blackrock, il Paese che lo ospita si propone come nodo di un ecosistema globale.
«L’Arabia ha conquistato un ruolo grazie alle esportazioni di energia da fonti fossili. Potrà farlo di nuovo grazie alle esportazioni di potenza computazionale» ha detto il ceo di HUMAIN Tareq Amin in un confronto con Ruth Porat, Presidente e CIO di Alphabet & Google. Nel board del FII insieme a Matteo Renzi, intervenuto sulla costruzione dell’evento Expo 2030, c’è Peter Diamandis, imprenditore della prima ora della Silicon Valley, co-fondatore della Singularity University e dell’X-Prize. È nel panel da lui moderato con Eric Schmidt, ex ceo di Google e Fei-Fei Li, matematica di origine cinese, pioniera nel campo della visione artificiale, che si sono scontrate due visioni diametralmente opposte sulla prosperità da costruire. Set perfetto per proporre un modello valoriale nuovo: quello, appunto, arabo. «In 5 anni mettendo tutto in mano all’AI potremmo essere nella posizione di risolvere tutto. Materiali, biologia, terapie: crescita super-esponenziale» è la previsione di Schmidt. Per lui tutta la realtà è riducibile a computazione. «La tecnologia non può risolvere tutto perché “tutto” non è una lista finita di problemi come pensi tu. Il progresso nasce dalla capacità di porre nuove domande e la creatività genera continuamente il “nuovo” sconosciuto» ha ribattuto Li.
Se Schmidt vede l’intelligenza come ottimizzazione, Fei-Fei Li la vede come esplorazione. Se Schmidt pensa che il futuro sia ingegnerizzabile e programmabile, per Fei-Fei il futuro resta un territorio sconosciuto da immaginare. Per Schmidt il problema è la velocità, per Fei-Fei è il senso. Schmidt torna sempre alla logica del potere e insiste sull’ibridazione uomo-macchina come leva di produttività. Per lui la leadership è usare bene l’AI, quindi la politica d’ora in poi sarà usare meglio degli altri l’AI. E su questo, qui, sono tutti d’accordo.
Se l’IA segna il passaggio verso la sovranità digitale, l’energia segna quello verso la centralità fisica e geopolitica. ACWA Power, società saudita attiva nello sviluppo, investimento e operazione di impianti di generazione elettrica, energie rinnovabili e produzione di acqua desalinizzata, è lo sponsor al centro dell’evento. Emblematica della trasformazione. Ha firmato accordi con alcune delle principali utility e aziende energetiche europee per un sistema integrato che esporti energia green e idrogeno dall’Arabia saudita
verso l’Europa.
Fonte: Il Sole 24 Ore