
Al via il vertice Nato. Ecco cosa punta a ottenere Meloni da Merz-Macron e da Trump
Giorgia Meloni arriverà a L’Aia nel pomeriggio. E il clima del vertice Nato che dovrà approvare l’aumento al 5% del Pil delle spese per difesa e sicurezza entro il 2035 è già cambiato. Merito della tregua tra Iran e Israele annunciata nella notte dal presidente Usa Donald Trump. Una mossa che trasforma il summit in cemento per l’alleanza atlantica e, assieme al sì sofferto della Spagna di Pedro Sanchez all’intesa, toglie Meloni dall’imbarazzo: la presidente del Consiglio italiana potrà confermare la vicinanza agli Usa senza camminare sulle uova e potrà difendere l’accordo raggiunto tra i 32 Paesi Nato come «aderente alle richieste dell’Italia».
La distensione innescata dalla tregua
La riunione della Nato a bombardamenti in corso, con gli Stati Uniti direttamente entrati in guerra a fianco di Israele, sarebbe stata complicata. Difficile spiegare alle opinioni pubbliche europee (con il M5S di Giuseppe Conte che manifesta fuori dal vertice) la necessità di un riarmo a scopo di difesa dalle minacce esterne in aumento, Russia in primis, con il principale alleato impegnato in un attacco senza precedenti a un Paese sovrano, seppur guidato da una teocrazia feroce. Più semplice farlo davanti a una promessa mantenuta: Trump aveva detto che il colpo sarebbe stato mirato e veloce e, almeno per ora, così sembrerebbe.
Il rientro dell’allarme Spagna
Ulteriore elemento distensivo è il rientro dell’allarme Spagna, dopo che nei giorni scorsi il “no” di Sanchez sembrava far traballare l’accordo e addirittura mettere a rischio la partecipazione di Trump al vertice. «Era un no a uso interno», commentano fonti qualificate del governo italiano. Lo conferma la rocambolesca risoluzione dell’affaire, con il premier spagnolo costretto a un equilibrismo per giustificare l’adesione e fonti Nato che lo hanno smentito sull’esistenza di una “deroga” solo per gli iberici.
L’accordo piace all’Italia
Come spiegato oggi sul Sole 24 Ore in edicola, in dieci anni l’Italia dovrebbe passare dagli attuali 45 miliardi (pari a circa il 2% del Pil dichiarato raggiunto) di cui 35 miliardi in difesa e 10 in sicurezza, a 145 miliardi (100 miliardi in difesa e 45 in sicurezza). Un obiettivo molto ambizioso, ma il governo fa notare due passaggi positivi dell’intesa: l’assenza di un vincolo del +0,2% l’anno e la revisione dell’intero accordo nel 2029. Quando – è il sottotesto – tutto lo scenario potrebbe essere già mutato.
Flessibilità, la partita si sposta in Ue
Per queste ragioni, il disco verde acceso dall’Italia (una prova della fedeltà agli Usa assicurata da Meloni a Trump) apre contemporaneamente un fronte con l’Ue: la richiesta di flessibilità avanzata da Meloni nelle comunicazioni alle Camere alla vigilia del Consiglio europeo. «Resta ferma la necessità, a livello europeo, di rendere compatibili le regole del patto di stabilità con l’incremento delle spese di difesa concordate con gli alleati», ha detto la premier. «In particolare, con riferimento alle procedure di deficit eccessivo, riguardo cui è necessario conseguire una parità di trattamento ed evitare rischi di applicazioni asimmetriche». Si ritorna al solito punto italiano, insomma: chi ha spazi fiscali ridotti non deve essere penalizzato.
Fonte: Il Sole 24 Ore