
Aleotti (Menarini): via il payback in Italia, contro i dazi serve uno scatto dell’Europa
Dazi, competitor sempre più aggressivi, inazione dell’Europa e payback. Sono le spine dell’industria farmaceutica, un colosso dell’economia italiana con 56 miliardi di valore della produzione nel 2024 di cui 54 miliardi destinati all’export. Ad illustrarle è Lucia Aleotti, azionista e membro del bord di Menarini, vice presidente di Confindustria, nel corso dei Colloqui dell’economia organizzati dalla Camera di commercio di Firenze con Il Sole 24 Ore-Radiocor. “La Menarini – spiega – produce negli Usa quel che vende in quel Paese e quindi non è colpita direttamente dall’aumento dei dazi, ma il combinato disposto dei dazi americani con la svalutazione del dollaro non va sottovalutato, può avere effetti gravi: Trump punta a riportare negli Stati Uniti le produzioni che avvengono fuori dal Continente”.
Nella manovra un intervento sul payback
E’ questo il rischio più concreto: che le multinazionali farmaceutiche che in Italia hanno trovato le competenze per crescere fino a conquistare la leadership in Europa, ora possano delocalizzare sgonfiando la produzione il Pil. Anche per questo Aleotti chiede un segnale concreto di attenzione da parte del Governo fin dalla prossima legge di Bilancio a partire dal payback stimato in 2 miliardi nel 2024 a carico delle imprese. “Il tetto della spesa farmaceutica – sottolinea – deve essere commisurato ai reali bisogni di salute dei cittadini. Non si può fissare un limite basso per far pagare il 50% dello sforamento alle industrie”. Per Aleotti l’intervento sul payback potrebbe rappresentare “un incentivo non solo per attrarre nuove imprese farmaceutiche in Italia ma soprattutto per evitare che le tensioni commerciali e i dazi imposti dagli Usa favoriscano un decentramento della produzione”.
L’Europa deve passare dall’analisi all’azione
Anche Cina e India potrebbero approfittare delle debolezze italiane ed europee. “Bene il mercato unico, non l’unicamente mercato” sintetizza l’imprenditrice per sottolineare la “debolezza” di politiche di Bruxelles insufficienti a rafforzare i tessuti industriali e la competitività delle aziende. “Prendete il caso del primo vaccino contro il Covid – ricorda -: la tecnologica era tedesca, ma la produzione è avvenuta in America e noi europei ci siamo preoccupati solo di comprarlo al miglior prezzo possibile sul mercato”. Come ha detto il presidente Draghi “la gestione europea à purtroppo caratterizzata dall’inazione: vuol dire che si fanno un sacco di analisi, si hanno un sacco di consulenze, si analizza il problema e poi però non si arriva a mettere in campo niente di concreto”. “Questa lentezza – afferma Aleotti – è assolutamente in contrasto con la velocità dei tempi, e la velocità con cui si muovono sia la Cina che l’India e gli Stati Uniti, soffocando le capacità e la competitività dell’Europa”. Così la Ue ha dovuto assistere alla fuga di 200 miliardi di investimenti “meno remunerativi nel Vecchio Continentale che altrove” . Tra le richieste all’Europa e all’Italia ai primi posti c’è anche “la riduzione della burocrazia e una migliore protezione delle proprietà intellettuale”.
Attenzione a deindustrializzare il territorio
Menarini è una multinazionale con 4,603 miliardi di euro di fatturato consolidato nel 2024, oltre 17 mila dipendenti in tutto il mondo e 609 milioni di confezioni all’anno prodotte e distribuite in 5 continenti. Ma ha il cuore e la testa in Italia. “La Toscana – conclude la vice presidente di Confindustria – è esposta più di altri territori alla stretta sui dazi per la sua forte vocazione all’export”. E infine: “In questi giorni è uscito il manifesto di tre economisti sul rischio di deindustrializzare della regione, un grido di allarme che viene da economisti e non dal mondo delle produzioni. Dobbiamo stare attenti. Non può esistere un territorio che faccia a meno dell’industria se vuole avere uno standard elevato, perché all’industria sono attaccati i servizi ad alto valore aggiunto, la logistica e gli altri settori”.
Fonte: Il Sole 24 Ore