Allarme dazi, Moody’s taglia l’outlook sui rating sovrani globali
L’effetto dazi impatta sul debito sovrano. L’agenzia di rating Moody’s ha infatti rivisto da “stabile” a “negativo” l’outlook sui rating sovrani globali a seguito dell’incertezza sulla politica commerciale e della potenziale revisione del commercio globale mentre la forte escalation in Medio Oriente conferma che «i rischi geopolitici continueranno a influenzare le condizioni del credito sovrano, con la possibilità di volatilità e improvvise turbolenze».
Moody’s ha inoltre ridotto anche le stime di crescita nel 2025 «per tutte le regioni»: l’Europa Occidentale, dove sono state tagliate dello 0,3%, emerge come una delle aree «meno vulnerabili alle incertezze sul commercio» mentre vengono dimezzate, dal 2 all’1%, le previsioni sul Pil del Nord America.
Le previsioni
Moody’s ha tagliato dello 0,4%, portandole al 3,5%, le stime di crescita sia dell’area Asia-Pacifico (Apac) che del Medio Oriente e del Nord Africa (Mena), dello 0,2%, portandole al 2,7%, quelle dell’Europa centrale e orientale (Cee) e della Russia e degli altri Paesi del Cis e infine dello 0,3%, abbassandole al 2%, quelle dell’America Latina.
«Sebbene le nostre previsioni per il 2025 presupponessero in precedenza una graduale normalizzazione macroeconomica e una svolta verso riforme a lungo termine, l’incertezza politica distoglierà l’attenzione verso misure di sostegno a breve termine. Ciò – rileva Moody’s – rallenterà il consolidamento fiscale e limiterà gli investimenti a sostegno della produttività» mentre «negoziati commerciali bloccati o prolungati e il rischio di un disaccoppiamento strutturale stanno causando un riallineamento delle catene di approvvigionamento e ridefinendo le relazioni commerciali a lungo termine».
Il confronto con la pandemia
Il rischio di cambiamenti che potrebbero essere epocali è di «un rallentamento più moderato ma più prolungato» di quello provocato dalla pandemia, che era stata seguita invece da una fortissima ripresa. Secondo Moody’s «i Paesi con una più grande esposizione commerciale agli Usa, una diversificazione economica limitata e buffer finanziari domestici limitati sono più vulnerabili».
Fonte: Il Sole 24 Ore