
Allarme Oms: un’infezione su sei è ormai resistente agli antibiotici
«L’uso massiccio di antibiotici ha rimodellato il paesaggio genetico dei batteri, dando origine a plasmidi che ora trasportano geni di resistenza multipla – spiega Zamin Iqbal, professore di Genomica algoritmica e microbica dell’Università di Bath – Capire come si sono evoluti è il primo passo per contrastarli».
Farmaci in calo, resistenza in crescita
Il quadro globale è aggravato da una crisi di innovazione farmaceutica. Secondo i più recenti rapporti Oms, nel 2025 sono in sviluppo solo 90 antibiotici in tutto il mondo: di questi, appena 15 sono considerati innovativi e soltanto cinque mostrano efficacia contro almeno uno dei batteri “critici” presenti nella lista dei patogeni prioritari dell’Oms.
Nel frattempo, la resistenza continua a diffondersi più rapidamente della capacità di sviluppare nuovi farmaci e la situazione rischia di trasformarsi in una vera e propria pandemia silenziosa. Le stime più aggiornate, pubblicate su The Lancet, parlano di oltre 39 milioni di decessi cumulativi tra il 2025 e il 2050 causati da infezioni resistenti ai farmaci, quasi 2 milioni di morti all’anno entro la metà del secolo.
Italia tra i peggiori in Europa per uso di antibiotici
Anche in Italia la tendenza è preoccupante. Il consumo di antibiotici è salito a 22,4 dosi giornaliere ogni 1.000 abitanti, un valore più del doppio rispetto alla media dell’Unione europea. L’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha recentemente raccomandato una revisione dell’uso dell’azitromicina, un antibiotico essenziale da decenni, per evitarne l’inefficacia futura dovuta alla crescente resistenza.
Il ministero della Salute, da parte sua, richiama l’attenzione sulle infezioni correlate all’assistenza sanitaria (Ica), che colpiscono sempre più pazienti negli ospedali italiani e rappresentano una delle principali criticità per la sicurezza e la sostenibilità del sistema sanitario. Si tratta di infezioni che insorgono durante ricoveri o procedure mediche e che, a causa della resistenza, richiedono cure lunghe, costose e spesso inefficaci.
Fonte: Il Sole 24 Ore