
Alle Stanze del Vetro l’arte di Murano tra le due Guerre
A completare il percorso, la “galleria della memoria” come la chiama Barovier, con i filmati dell’Istituto Luce che ci riportano a quella Venezia di quasi un secolo fa.
Sono questi gli anni in cui, con il vetro, si iniziano a produrre elementi che non rispondono più alle sole esigenze della tavola o dell’illuminazione ma si testano nuove tecniche, forme e lavorazioni per dare vita ad oggetti che diventano opere d’arte e di design.
Alla più spinta sperimentazione sulla materia e sul colore concorrono le collaborazioni con artisti e designers che le ditte ingaggiano sempre più spesso: il pittore Dino Martens, Mario De Luigi che firma i suoi lavori per la Salviati & C. con lo pseudonimo di Guido Bin, l’architetto e designer Carlo Scarpa.
Anni magici per il vetro di Murano dunque, che spingono la Biennale di Venezia a dedicare un intero padiglione alle cosiddette arti “decorative”, valorizzando soprattutto la produzione veneziana di vetri, merletti e mosaici. Il rilievo e l’eco internazionale che da questo momento il vetro muranese riscontra a livello di mercato e gradimento del pubblico, innescano una continua gara tra vetrerie per portare all’esposizione d’arte della Biennale il meglio della produzione.
Di questo fantastico decennio, racchiuso tra l’inaugurazione del Padiglione Venezia e l’interruzione forzata della Biennale nel 1942, ci parlano 160 opere, molte delle quali prestate da musei americani e da collezioni private: una sorta di enciclopedia di ditte produttrici e di tecniche esecutive, dalle figure in pasta vitrea di Napoleone Martinuzzi, alle coppe e ai vasi “Turchese e nero” di Tomaso Buzzi per Venini, agli esperimenti in vetro musivo di Guido Bin (Mario De Luigi) per Salviati, che porteranno anche alla realizzazione di un pezzo unico ed eccezionale, “Il bagno” (1932), un mosaico a tessere di pasta di vetro realizzato con l’amico Carlo Scarpa.
Fonte: Il Sole 24 Ore