Altro intoppo per Neom: Giochi asiatici invernali a rischio. Arabia Saudita: pronte due alternative
La montagna nel deserto rischia di non essere pronta in tempo. A quattro anni dall’assegnazione dei Giochi asiatici invernali 2029 a Neom – il mega progetto urbano e industriale da 500 miliardi di dollari lanciato dall’Arabia Saudita nel 2017 come parte centrale di Vision 2030, il piano di Mohammed bin Salman per diversificare l’economia e ridurre la dipendenza dal petrolio – Riyad ha avviato colloqui interni su un’eventuale soluzione alternativa: trasferire l’edizione del 2029 in un Paese con impianti già rodati – Corea del Sud o Cina – e posticipare l’appuntamento saudita al quadriennio successivo. L’ipotesi, raccontata da più fonti al Financial Times, fotografa un cantiere complesso: Trojena, il comprensorio sciistico “futuristico” nel nord-ovest del regno, accumula ostacoli ingegneristici, logistici e di budget. Nel frattempo, l’Olympic Council of Asia (Oca) ha contattato formalmente il comitato olimpico sudcoreano per sondare la disponibilità a subentrare.
Il nodo Trojena
Trojena, a circa 2600 metri di quota nell’area di Neom, promette 30 chilometri di piste con neve artificiale da dicembre a marzo, hotel di alta gamma e un lago artificiale profondo 140 metri che alimenterà innevamento e servizi. Ma i passaggi chiave sono in ritardo: non è ancora partita la costruzione dell’impianto di desalinizzazione a Sharma che deve fornire l’acqua, mentre l’invaso richiede tre dighe e una condotta lunga e in forte dislivello dal Golfo di Aqaba. Nel 2024 l’italiana Webuild ha firmato un contratto da 4,7 miliardi di dollari per realizzare il lago e opere collegate, ma la tabella di marcia è sotto pressione.
Gli ostacoli non si fermano all’acqua. “The Vault”, il grande complesso di accoglienza e retail scavato nella roccia, procede più lentamente del previsto. L’area richiede perforazioni e tiranti in parete in numeri elevatissimi e i tracciati di accesso con forti pendenze rallentano i mezzi di cantiere. Il cronoprogramma “accelerato” mal si concilia con questi vincoli, riferiscono alcuni tecnici coinvolti. Neom, da parte sua, ribadisce che lo sviluppo “procede secondo un piano per fasi”, con enfasi su standard internazionali e sostenibilità di lungo periodo.
L’Oca muove i primi passi: contatto con Seul, Pechino fa sponda
Sul versante politico-sportivo, l’Olympic Council of Asia ha incontrato a luglio i vertici del Korean Sport & Olympic Committee e, a seguire, ha inviato una richiesta scritta sulla disponibilità della Corea del Sud a ospitare i Giochi del 2029. È la conferma che l’organo continentale sta valutando opzioni, anche se la decisione di un eventuale spostamento spetta proprio all’Oca. In parallelo, Pechino ha fatto sapere di “sostenere l’Arabia Saudita” come sede dell’edizione 2029, pur senza commentare i dossier interni a Riyad. Il ministero della Cultura, Sport e Turismo sudcoreano ha chiarito di non avere “avviato discussioni con il governo saudita”, posizione compatibile con il fatto che il contatto sia partito dall’Oca e non dall’Arabia Saudita.
Perché la timeline scricchiola
Il punto critico è la sequenza tecnica: l’acqua desalinizzata deve arrivare fino a quota Trojena (oltre 2,6 km di dislivello), riempire un lago da 2,8 km di lunghezza e sostenere un innevamento totalmente artificiale in un ambiente arido. Secondo il Financial Times, con una condotta da 1 metro di diametro servirebbero flussi continuativi a pieno regime per anni solo per portare il bacino a livello. L’inverno 2029 impone scadenze rigide per piste, impianti, ricettività e logistica, e qualsiasi ritardo sull’“opera madre” (acqua ed energia) si ripercuote a cascata.
Fonte: Il Sole 24 Ore