
Alzheimer, -40% di casi con una vita sana e la riabilitazione diventa un diritto per pazienti e caregiver
La dieta mediterranea protegge da infiammazione e declino cognitivo.
• Cosa può fare il singolo: consumare frutta, verdura, cereali integrali, legumi, pesce, olio d’oliva; limitare zuccheri e cibi processati.
• Cosa può fare la società: garantire mense pubbliche, scolastiche e lavorative “mediterranee”, rendere maggiormente accessibili cibi freschi, sostenere le filiere locali, disincentivare con politiche fiscali idonee la diffusione di cibi ultraprocessati.
7. Stop al fumo e agli eccessi dell’alcol
Tabacco e alcol danneggiano i vasi, alzano la pressione e favoriscono infiammazione e atrofia cerebrale.
• Cosa può fare il singolo: smettere di fumare, evitare il fumo passivo, limitare l’alcol ed evitare le “abbuffate alcoliche”.
• Cosa può fare la società: rafforzare le politiche antifumo, offrire servizi di sostegno per le dipendenze, regolamentare la vendita e la pubblicità degli alcolici.
8. Diabete, peso e salute metabolica
Il diabete di tipo 2 e l’obesità aumentano il rischio di demenza.
• Cosa può fare il singolo: monitorare glicemia e peso, seguire le terapie, adottare uno stile di vita sano, dormire a sufficienza e fare attenzione allo stress eccessivo.
• Cosa può fare la società: attivare programmi di prevenzione, facilitare l’accesso a nutrizionisti, adottare politiche che limitino il consumo di bevande zuccherate, promuovere politiche per garantire equità nell’accesso a cibi sani.
9. Mente attiva e relazioni sociali
Relazioni e stimoli mentali rafforzano la riserva cognitiva.
• Cosa può fare il singolo: imparare cose nuove, coltivare hobby, partecipare ad attività sociali, chiedere aiuto in caso di depressione.
• Cosa può fare la società: garantire un’istruzione di qualità fin dall’infanzia, promuovere centri comunitari e biblioteche, sostenere università della terza età, garantire servizi di salute mentale accessibili.
10. Attenzione ai rischi ambientali e ai traumi
Incidenti e inquinamento atmosferico pesano anche sulla salute cerebrale.
• Cosa può fare il singolo: indossare il casco in bici e in monopattino; usare protezioni adeguate per l’attività sportiva; prevenire le cadute in casa con l’utilizzo di tappeti antiscivolo, corrimani e di un’illuminazione adeguata; ridurre le combustioni domestiche; preferire luoghi meno inquinati.
• Cosa può fare la società: attuare piani “aria pulita” per ridurre traffico e combustioni, aumentare il verde urbano, rafforzare la sicurezza stradale e la prevenzione delle cadute domestiche, realizzare abitazioni e quartieri a misura di anziani.
Riabilitazione necessaria
Considerare la riabilitazione delle persone con demenza come un diritto e quindi integrarla nei piani nazionali contro la malattia: questa la sollecitazione del Rapporto mondiale Alzheimer 2025, che in questo senso converge con le linee guida per la diagnosi e il trattamento della demenza redatte dall’Istituto superiore di sanità quando richiamano l’importanza dell’esercizio fisico – incluse camminate, ginnastica dolce, cyclette ed esercizi di equilibrio e rinforzo muscolare – e di approcci come la musicoterapia, la terapia della reminescenza e altre attività creative e sociali.
In generale, la riabilitazione personalizzata nel Rapporto mondiale sulla malattia è indicata come “evidenza” capace di migliorare il funzionamento quotidiano mirato per le persone con demenza e può ritardare la perdita di indipendenza ma questo cozza contro il persistente divario globale nell’accesso e con la scarsità di risorse e di interventi mirati. Di fatto, si legge nel Report, le persone con demenza raramente hanno accesso alla riabilitazione, nonostante le prove che possano trarne beneficio. Eppure gli obiettivi Smart (specifici, misurabili, raggiungibili, pertinenti e limitati nel tempo) fanno parte di un approccio riabilitativo efficace per le persone che vivono con demenza. Mentre gli studi hanno dimostrato che le persone che si erano impegnate in una riabilitazione cognitiva individuale su misura presentavano livelli di disabilità più bassi rispetto alle persone che avevano ricevuto solo cure standard e sono rimaste nelle proprie case per sei mesi in più della media prima di passare all’assistenza residenziale.
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Fonte: Il Sole 24 Ore