Ambrosini: «Politica migratoria troppo securitaria e il mercato chiede solo braccia, non cervelli»

Ambrosini: «Politica migratoria troppo securitaria e il mercato chiede solo braccia, non cervelli»

Maurizio Ambrosini, sociologo, studia da anni i processi e le politiche migratorie, materie che insegna all’Università Statale di Milano. Autore di numerosi testi sull’argomento, gli abbiamo chiesto di spiegarci cosa non funziona nelle attuali regole italiane per l’ingresso di lavoratori stranieri, che spesso rischiano di alimentare il lavoro irregolare.

«L’attuale politica degli ingressi, basata su decreti flussi e click day, e insieme gravata di preoccupazioni securitarie, con la richiesta di lunghi controlli e avare autorizzazioni, continua a non funzionare a dovere. Per di più, apre il campo a truffe e raggiri, ai danni soprattutto di immigrati e candidati all’immigrazione. In sostanza non si sa mai se le autorizzazioni arriveranno, e quando arrivano in genere è troppo tardi: i datori hanno già dovuto ingegnarsi a trovare qualche altro modo per rispondere alle loro esigenze. Senza contare che fino a tempi recenti i decreti flussi, quando la procedura andava a buon fine, sono serviti essenzialmente a regolarizzare lavoratori già in forza».

Quali sono i limiti del click day?

Anzitutto esiste solo in Italia, rappresenta un’anomalia nel panorama europeo, di cui non si avverte la necessità e non si spiega la motivazione. Poi mette in piedi una lotteria, in cui fattori casuali, come la velocità della connessione, il buon funzionamento del sistema, la rapidità del tocco dell’operatore, finiscono per determinare il successo dell’operazione. E’ il contrario di un sistema razionale e ben congegnato di governo degli ingressi per lavoro. Infatti a quanto sembra i datori si sono stancati e non hanno neppure più coperto le quote disponibili.

Perché in Italia arriva dall’estero meno della metà dei laureati rispetto a Francia, Germania e Spagna?

La politica ha le sue colpe, sotto il profilo delle complesse, costose e sospettose procedure per riconoscere i titoli di studio conseguiti all’estero, soprattutto fuori dall’area OCSE. Non so mai se davvero arrivano pochi laureati, o sono pochi quelli che vedono riconosciuta la loro laurea. Ma direi che il problema fondamentale è il mercato: mi pare che la nostra economia, a parte qualche eccezione come il sistema sanitario, continui a richiedere essenzialmente braccia. I cervelli noi li esportiamo, anziché attrarli. Sono convinto che se le imprese avessero veramente importanti fabbisogni di lavoro altamente qualificato, ossia di laureati, troverebbero il modo di farli arrivare. Lo strumento c’è, è la carta Blu dell’UE, ma è utilizzato pochissimo. Anche gli sviluppi di carriera sono rari: molti immigrati riescono bene o male a stabilizzarsi (2,4 milioni di occupati regolari), ma difficilmente a progredire all’interno delle imprese.

Le misure del Governo per aprire nuove strade all’immigrazione regolare qualificata funzionano?

Il governo Meloni ha tre diverse politiche migratorie in precario equilibrio: ostilità verso i rifugiati dal Sud del mondo; proseguimento della buona accoglienza dei rifugiati ucraini; apertura senza precedenti ai lavoratori, con un decreto flussi da 452.000 nuovi ingressi in tre anni. Buona inoltre l’idea di consentire l’ingresso fuori quota a lavoratori formati all’estero da operatori italiani. Ma come ho già detto, le procedure funzionano male e le istanze securitarie bloccano quelle economiche. Alla fine, il diavolo si nasconde nei dettagli.

Fonte: Il Sole 24 Ore