
America divisa anche di fronte all’assassinio di Charlie Kirk
L’assassinio di Charlie Kirk, l’influente alleato di Donald Trump e fondatore della grande organizzazione giovanile conservatrice Turning Point Usa, ha lasciato l’America traumatizzata. Ma, dietro l’orrore collettivo e la condanna di ogni violenza politica, ha trovato anche un Paese e una capitale, Washington, preda di profonde divisioni e inquietudini sul futuro.
Il presidente Trump, nel commemorare gli attentati dell’11 settembre 2001 in una cerimonia al Pentagono, ha annunciato che consegnerà a Kirk, postuma, la Presidential Medal of Freedom, principale onorificenza civile americana. Trump ha espresso «orrore e dolore» per l’uccisione di «un gigante della sua generazione, campione della libertà e ispirazione per milioni». Dopo aver già deciso bandiere a mezz’asta fino a domenica.
I tributi dal mondo conservatore e Maga, segno della meteorica ascesa del 31enne Kirk, si sono susseguiti. Il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha aggiunto che, questo «seguace di Cristo e patriota» non sarà mai dimenticato, come le vittime dell’11 settembre. Il vicepresidente JD Vance si è recato nello Utah in visita alla famiglia di Kirk, «vero amico», e in un lungo omaggio sui social media ha promesso di continuare la sua missione per la causa conservatrice: «D’ora in poi ci pensiamo noi».
Dure condanne dell’assassinio sono giunte anche dall’opposizione democratica. Il governatore della California Gavin Newsom, ha esecrato un gesto «vile» e ogni violenza politica come inaccettabile.
Dietro l’unità davanti al dramma covano tuttavia sintomi di fragilità, che fanno temere nuove ere di violenza endemica in una nazione con una storia segnata da assassinii e attentati a presidenti, politici e leader della società civile. Il governatore repubblicano dello Utah, Spencer Cox, ha lamentato «un assassinio politico» e una «nazione spezzata».
Fonte: Il Sole 24 Ore