
Ammessa la ricostruzione infedele di edifici demoliti
Sì alla demolizione con ricostruzione di un fabbricato che abbia sagoma e caratteristiche differenti rispetto a quello preesistente. Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con la sentenza n. 422/2025, apre più di uno spiraglio a questa interpretazione, legata anche alle vicende delle inchieste sull’urbanistica a Milano.
Va ricordato che uno dei temi più dibattuti in tema di demolizione con ricostruzione (e sulla sua riconducibilità alla nozione di ristrutturazione edilizia) è quello del criterio di continuità tra l’assetto preesistente e il nuovo fabbricato. A questo proposito, va anche detto che rientrare nella definizione di ristrutturazione e non di nuova costruzione rende, nella sostanza, più semplice realizzare l’intervento dal punto di vista urbanistico e amministrativo.
Giurisprudenza penale e amministrativa
In particolare, la Cassazione penale (con l’orientamento alla base dell’impianto accusatorio della Procura della Repubblica nel “caso Milano”) si è ormai cristallizzata su una interpretazione restrittiva secondo la quale – nonostante l’articolo 3, comma 1, lettera d) del Testo unico edilizia, dal 2020, ammetta la ricostruzione di un fabbricato «con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche» (e incrementi volumetrici, se previsti da norme di rigenerazione urbana) – l’immobile ricostruito deve «presentare caratteristiche funzionali o identitariecoincidenticon quelle del corpo di fabbrica preesistente» (in questo senso va la sezione III, sentenza n. 18044/2024), rilevando inoltre che «con riguardo alla ristrutturazione non vi è spazio per nessun intervento che lasci scomparire ogni traccia del preesistente» (sezione III, n. 91669/2023).
La giurisprudenza penale pare allo stato monolitica. Al contrario, però, presso la giustizia amministrativa alla tesi restrittiva (ad esempio, va in questa direzione il Tar Milano, n. 113372025 che ritiene necessaria «la conservazione delle caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente quanto a sagoma, superfici e volumi») si contrappone la tesi che esclude la validità del criterio della “continuità” (ad esempio Tar Lecce, n. 373/2024: «Gli interventi di demolizione e successiva ricostruzione non richiedono necessariamente una certa continuità con l’edificio pregresso»).
Fonte: Il Sole 24 Ore