Anche un solo condomino è legittimato a denunciare i difetti dei lavori

L’ampia diffusione di imprese, appalti e lavori finanziati dai vari bonus edilizi rende attuale e giustifica una riflessione sul soggetto legittimato a promuovere le azioni giudiziali per i difetti di costruzione previsti dal Codice civile all’articolo 1667 (difformità e vizi dell’opera) e all’articolo 1669 (altri gravi difetti). Condizione essenziale è la preliminare denuncia all’appaltatore da inviare, a pena di decadenza, entro i termini di 60 giorni in base all’articolo 1667 e un anno per il 1669, decorrenti entrambi dalla scoperta del difetto. Le azioni si prescrivono poi, nei rispettivi casi, in due anni dalla consegna dell’opera e in un anno dalla denuncia.

Le norme in esame si rivolgono al committente, che nel condominio si identifica solitamente con l’amministratore. In quanto deputato per legge alla gestione delle parti comuni, l’amministratore non potrebbe esimersi dall’esercizio delle azioni in parola, stante il suo preciso obbligo di compiere gli atti conservativi dell’edificio (articolo 1130, n. 4, del Codice), con interventi sia materiali che giudiziali (Cassazione 20816/2015), fra cui rientrano i casi degli articoli 1667 e 1669. Il termine della decadenza per la denuncia dei vizi e delle difformità decorre, secondo i giudici, dal momento in cui l’amministratore abbia acquisito conoscenza della gravità dei difetti stessi per l’imperfetta esecuzione dell’opera, e non dal giorno in cui ne informi i condòmini in sede di assemblea (Cassazione 12829/2018; 4364/2015; 4619/1996).

Ma il vizio costruttivo può avere effetti congiunti sulle parti comuni e su un bene privato; come pure può incidere solo su quest’ultimo (ad esempio quando riguarda i balconi aggettanti). Nella prima situazione sono abilitati ad agire alternativamente sia l’amministratore che i condòmini. L’amministratore, però, deve limitarsi alle finalità “conservative” del complesso edilizio nella sua unitarietà .

Diverso è il caso del vizio di costruzione che si ripercuote soltanto sull’unità immobiliare privata senza attingere alcuna delle parti comuni. L’azione prevista non può che appartenere alla sfera esclusiva del condomino, senza che possa scalfire tale diritto la circostanza della firma da parte dell’amministratore del contratto di appalto. Il condòmino è il soggetto danneggiato, il titolare del relativo diritto di credito; e questo basterebbe. Ma si può aggiungere che i condòmini sono i committenti sostanziali dell’appalto (mentre l’amministratore è il committente “formale”), perché il condominio (privo di personalità giuridica) si risolve nell’insieme dei partecipanti, rappresentati dall’amministratore , i cui atti li vincolano sul piano negoziale, facendo assurgere ciascuno di loro a parte sostanziale del contratto e titolare del rapporto con l’onere di rispondere delle obbligazioni assunte dall’amministratore (Cassazione 6557/2010).

Fonte: Il Sole 24 Ore