Anziani, la Prestazione universale fa flop: solo 2 mila beneficiari sui 25mila attesi
La Prestazione universale introdotta per supportare gli anziani fragilissimi in attuazione della legge sulla non autosufficienza ha fatto flop. Almeno per il primo anno: rispetto a una platea attesa di 25mila beneficiari per ciascuno dei due anni di “test”, a settembre scorso risultavano pervenute meno di 5mila domande con un tasso di accoglimento del 41%. Tradotto: sono appena 2mila gli over 80 in condizioni ultra critiche che effettivamente stanno beneficiando della misura pensata per garantire loro, accanto all’indennità di accompagnamento, un “assegno di assistenza” da 850 euro al mese finalizzato a remunerare il costo di badanti regolarmente assunti.
Il documento
I dati di sintesi, certo provvisori ma indicativi di una sperimentazione ferma al palo, sono contenuti nel documento che il ministero del Lavoro e Politiche sociali ha redatto in vista della nuova legge di bilancio. Dove proprio in virtù di questa adesione “notevolmente inferiore rispetto alle stime iniziali effettuate” come si legge nel testo, i tecnici propongono per il secondo anno di sperimentazione di innalzare dagli attuali 6mila a 12mila euro la soglia dell’Isee così da “consentire il raggiungimento di 25mila domande per il 2026”. Contestualmente, per quest’anno si chiede di dimezzare a 125 milioni lo stanziamento di 250 milioni che era stato messo in campo.
Parametri stringenti
L’Isee è uno dei parametri di accesso alla Prestazione universale. Parametri che sono tutti estremamente rigorosi e forse proprio questo elemento – insieme alla complessa griglia di indicatori messa in campo dal decreto 200/2024 con cui sempre il ministero del Lavoro e Politiche sociali ha definito il “bisogno assistenziale gravissimo” che screma la platea, ha scoraggiato i primi 25mila potenziali candidati dal presentare la domanda decurtandoli a un sottoinsieme di 2mila.
Del resto, l’accesso alla Prestazione universale da 850 euro mensili, a suo tempo rivendicata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni come un fiore all’occhiello della Riforma della non autosufficienza (legge 33/2023), è costellato di requisiti davanti ai quali qualunque over 80 non autosufficiente e “con bisogno assistenziale gravissimo” rischia di scoraggiarsi.
La riforma riscritta
A disegnare la sperimentazione era stato il maxi-decreto legislativo che di fatto ha riscritto la legge-quadro 33: il Dlgs 29/2024 invece di riformare l’indennità di accompagnamento come previsto in origine ha introdotto la Prestazione universale – indennità di accompagnamento più assegno di assistenza – mettendo in campo 250 milioni l’anno da destinare a 24.510 anziani. Ma per le persone almeno 80enni con bisogno assistenziale gravissimo e Isee non superiore a 6mila euro già titolari di indennità di accompagnamento nonché seguite a domicilio (quindi non in Rsa), la situazione si è ulteriormente complicata: gli indicatori dello stato di bisogno assistenziale gravissimo per l’accesso alla sperimentazione sono quasi “impossibili” da soddisfare. Nel dettaglio: occorre essere persone in condizioni di disabilità gravissima o comunque necessitare di assistenza continua sulle 24 ore la cui interruzione, anche per un periodo molto breve, può portare a complicanze gravi o alla morte. In più, occorre totalizzare almeno otto punti in un questionario che il candidato beneficiario deve autocompilare, sulla propria situazione familiare e sociale. Elementi che hanno ristretto ancora di più la possibilità di accesso, vincolandola peraltro alla capacità economica di fare fronte all’assistenza e non al bisogno assistenziale, che andrebbe valutato in base alla capacità della persona non autosufficiente di compiere le attività della vita quotidiana come spostamenti o igiene personale, possibilità di cucinare, fare pulizie e così via.
Fonte: Il Sole 24 Ore