
Appello dei presidenti delle banche centrali: «Serve un’Europa più unita con meno freni»
«La regolamentazione troppo complessa, la burocrazia troppo pesante, la frammentazione tra i vari Paesi europei, i servizi pubblici che potrebbero in molti casi essere accentrati in Europa ma che gli Stati tendono a tenersi stretti, un mercato ancora frammentato. Questo trattiene lo sviluppo dell’Europa». Il governatore della Banca d’Olanda, Klaas Knot, entra nel vivo dei problemi dell’Europa. Mentre tutti parlano della politica di Trump, nella seconda giornata del ”Young Factor”, promosso dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori in partnership con Intesa Sanpaolo, si è parlato soprattutto di Europa. Di fronte agli studenti di sei Paesi riuniti nella sede di Borsa Italiana, i protagonisti dell’Europa che si sono succeduti sul palco di questo hanno parlato: a prescindere da cosa fanno gli Stati Uniti, l’Europa deve fare passi coraggiosi. Per usare le parole “liriche” del presidente Sergio Mattarella, ricordate dal patron dell’iniziativa Andrea Ceccherini, «nessun dorma».
«C’è l’opportunità per l’Europa di svegliarsi – afferma il governatore della Banca centrale francese François Villeroy de Galhau –. Abbiamo tutte le risorse, ma le utilizziamo? Credo che le cose stiano cambiando rapidamente, negli ultimi tre mesi i Paesi europei si sono svegliati sulla difesa e hanno messo in campo delle risorse. Ma se guardiamo all’economia e alla finanza questo è meno ovvio. Avviene tutto molto lentamente». E questo è il punto. Manca per esempio una vera unione bancaria: «Noi stiamo assistendo a un processo di concentrazione delle banche all’interno dei confini degli Stati membri», osserva il governatore del Banco de Espana José Luis Escrivá, «mentre ci sono poche operazioni transfrontaliere». Questo perché «c’è un problema che non è facile da superare»: il fatto che «c’è una parte della normativa che è ancora nazionale e che rende difficile operare a livello europeo nell’erogazione dei servizi bancari». Non solo. Tutti guardano ai dazi di Trump, ma anche l’Europa si auto-infligge “tariffe” altrettanto dannose: «Il nostro mercato interno in Europa è ben lungi dall’essere completato, se continuiamo a imporre delle barriere nel commercio all’interno dell’Europa attraverso regolamentazioni, requisiti per i prodotti o di altro genere: è stato calcolato che l’entità di queste barriere equivale ad un dazio del 44% sui prodotti e 110% sui servizi», osserva Knot.
Ma dal palco escono molti messaggi positivi. «La fiducia nelle istituzioni europee – constata il governatore di Bankitalia Fabio Panetta – è cresciuta molto dal 2020, cioè da quando le istituzioni europee hanno iniziato a sostenere l’economia con il NextGen Eu». E questa è la strada su cui proseguire. Maggiore integrazione, progetti comuni, finanziamenti comuni. Sugli eurobond «è tempo di agire», sentenzia Villeroy de Galhau. E chi può fare la sua parte la sta facendo: «La Germania può usare lo spazio fiscale e la gestione di bilancio per innescare la ripresa economica», ha affermato il presidente della Bundesbank, Joachim Nagel. Ma uno dei temi più importati lo tocca Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo: «Bisogna occuparsi dei poveri e dei working poors». Questa è l’Europa che serve.
Fonte: Il Sole 24 Ore