Argos lancia fondo anti-CO2: sui gestori la spada di Damocle

Investire in piccole e medie imprese con l’obiettivo di tagliare del 7,5%, ogni anno, l’intensità della CO2. Se però il gestore del fondo non riuscisse a raggiungere questo obiettivo, vedrà la riduzione del 25% delle sue commissioni di performance. È il meccanismo studiato dalla società paneuropea Argos Wityu (1,7 miliardi di euro in gestione) per partecipare in modo concreto al programma Ue di transizione energetica Fit for 55%, ovvero il taglio del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030.

Lo strumento

Argos Climate Action è, in particolare, il fondo di private equity che individuerà le aziende Pmi europee, con fatturato fra i 20 e 100-150 milioni, in cui investire come azionista di maggioranza. È uno strumento articolo 9, secondo i parametri della Sfdr, la normativa Ue sulla trasparenza della finanza sostenibile: è dunque un prodotto finanziario con il più alto standard Esg. «Il fondo ha già raccolto 120 milioni di euro nel primo closing raggiungendo il 40% dell’obiettivo iniziale», dichiara Jean-Pierre Di Benedetto, managing partner in Italia di Argos Wityu.

Dal grigio al verde

Nuove infrastrutture per le energie rinnovabili e grandi investimenti nelle tecnologie, batterie in primis, per la svolta energetica: sono i due ambiti principali, secondo Di Benedetto, in cui si stanno concentrando gli sforzi: «Eppure, il 63% di tutte le emissioni di CO2 in Europa proviene dalle piccole e medie imprese – sottolinea –. Inoltre, da nostre statistiche, il 72% delle Pmi europee non possiede un piano di decarbonizzazione. Ecco perché abbiamo deciso di specializzarci in tale ambito». Grey to green è il nome del progetto del fondo Argos Climate Action che vuole supportare le piccole aziende nella transizione energetica. Con un obiettivo ben preciso. «Nel portafoglio del fondo, in maniera cumulativa, ogni anno dovrà essere ridotta del 7,5% l’intensità di CO2 – rileva Di Benedetto –. È il nostro obiettivo dichiarato. La misurabilità delle promesse è fondamentale anche in ottica antigreenwashing. Segnalo, tra l’altro, che siamo tra i primi 20 operatori al mondo impegnati nell’iniziativa Science Based Targets». Quest’ultima è tra le certificazioni di decarbonizzazione più accreditate sui mercati.

Misura anti-greenwashing

Il fenomeno greenwashing è tra quelli più monitorati dalle autorità di vigilanza. Dichiarare obiettivi di decarbonizzazione senza l’indicazione della quantità e del tempo della riduzione, è uno dei punti su cui gestori e analisti stanno concentrando l’attenzione. Da qui l’importanza dell’indicazione di un target. «Il 7,5% non è una percentuale a caso – sottolinea Di Benedetto –. Abbiamo indicato proprio questo dato, perché se tutta l’economia europea tagliasse in tale misura la CO2 ogni anno, si raggiungerebbe l’obiettivo della riduzione del 55% entro il 2030 come previsto da Bruxelles».

I compensi dei gestori

Altro elemento chiave del meccanismo Argos è l’allineamento con gli interessi dei gestori del fondo di private equity. «Le commissioni di performance saranno pagate per intero se verranno raggiunti gli obiettivi economici e anche quelli di riduzione di CO2 – aggiunge Di Benedetto –. Se non verranno rispettati i target di decarbonizzazione, il gestore vedrà decurtate del 25% le commissioni di performance». Al momento, il fondo sta monitorando il settore dei trasporti europeo in Germania, Italia e Francia per possibili investimenti.

Fonte: Il Sole 24 Ore