
Arte e scienza unite per svelare i segreti dei grandi capolavori
Il genio di Leonardo ne aveva già contezza: “Nessun colore che rifletta nella superficie d’un altro corpo, tinge essa superficie del suo proprio colore, ma sarà misto con i concorsi degli altri colori riflessi, che risaltano nel medesimo luogo…” scriveva il vinciano nel Trattato della pittura .
Non stupisce dunque che la mostra ideata dall Fondazione Bracco e che si avvale della consulenza scientifica di Isabella Castiglioni, ordinario di fisica applicata presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca e dello storico dell’arte Stefano Zuffi, indaghi le profondità delle opere d’arte, per svelarne segreti e composizioni, pentimenti o modifiche, ridipinture e fragilità. Art from inside, capolavori svelati tra arte e scienza è il titolo di questa inusuale esposizione visitabile gratuitamente al Palazzo Reale di Milano e che lungo un percorso finemente immersivo e multimediale conduce a prospettive davvero inaspettate, rivelando cosa si celi dietro un’opera d’arte o eccelsi manufatti quali un violino. Perno di questi meravigliosi disvelamenti sono le moderne tecnologie diagnostiche non invasive, le medesime ampiamente utilizzate in medicina, in grado di indagare gli strati nascosti delle opere, non visibili a occhio nudo.
Isabella Castiglioni
Tecniche e tecnologie d’avanguardia che però, in un certo senso riportano all’origine della grande arte italiana delle botteghe e all’approccio di restauro conservativo della grande tradizione italiana…
«L’approccio del restauro, che in Italia è molto conservativo, – risponde la professoressa Castiglioni – è lo stesso che impieghiamo con lo studio delle opere d’arte attraverso la diagnostica per immagine. Sono tecniche che, semplicemente irraggiando l’opera, consentono di ottenere delle informazioni complementari, a seconda della radiazione utilizzata, in modo non invasivo, cioè senza manipolare l’opera o effettuarne prelievi. In realtà ci riportano nel passato dell’opera, nelle botteghe dove l’opera è stata realizzata, ed è come se entrassimo in questi laboratori e scoprissimo il modello organizzativo dei maestri e dei loro collaboratori, a partire dai supporti, per poi scoprire con tecniche come i raggi X, come i supporti venivano realizzati; con tecniche come l’infrarosso sveliamo se esisteva un disegno preparatorio a guida della composizione poi pittorica e disvelare infine i materiali, le ricette fatte di elementi naturali con le tecniche basate sulle imaging nel visibile integrata all’imaging spettrale al fine di evidenziare anche i ritocchi e utilizzare gli ultravioletti sulle parti più superficilali».
Fonte: Il Sole 24 Ore