
Asset illiquidi, gli intermediari favorevoli e contrari a venderli agli investitori retail
E’ un’opportunità o meno per i piccoli risparmiatori avere nel proprio portafoglio real asset? Ovvero investimenti nel mondo del non quotato siano essi azionari o obbligazionari? A stare a quello che promettono (diversificazione su asset decorrelati, rendimenti elevati, etc) potrebbero aiutare nella ricerca di rendimento. Ma fino ad oggi sono stati appannaggio quasi esclusivo degli istituzionali e anche tra la clientela di fascia alta (private banking) alla quale i principali operatori da tempo hanno sottoposto diverse soluzioni (Fia, Eltif e altro) non superano l’1% dei portafogli. Tra i fattori che remano contro: illiquidità dei sotttostanti, potenziale volatilità, rigidità, complessità ma soprattutto una rischiosità non alla portata di tutti. Eppure già nel 2019 con Demos 1, un Fia chiuso non riservato, Azimut fu la prima società in Europa a consentire ai piccoli risparmiatori di investire in questo mercato a piccoli passi (soglie da 5mila euro) . Da allora la società ha un primato negli Eltif con oltre 20 prodotti e un ammontare investito in essi di circa un miliardo.
L’arrivo degli Eltif 2.0
A spingere verso una maggiore penetrazione di questi investimenti tra gli investitori retail è arrivato l’ Eltif 2.0 (fondi di investimento europei a lungo termine) che ha introdotto una maggiore flessibilità , riducendo l’importo minimo della soglia di ingresso, consentendo investimenti indiretti attraverso fondi ma soprattutto finestre di uscita con valorizzazione del Nav. «Questo cambiamento amplia l’universo investibile e consente il lancio di fondi evergreen – spiega Paolo Proli, condirettore generali di Amundi Sgr – ovvero prodotti di investimento aperti con una durata perpetua, che consentono agli investitori di sottoscrivere e riscattare periodicamente il proprio capitale per tutta la durata del fondo, a condizioni predeterminate. Quindi, assistiamo ad un trend di democratizzazione dei mercati privati, sostenuto dagli Eltif evergreen particolarmente adatti agli investitori retail che cercano una maggiore flessibilità, sia in termini di accesso al prodotto sia nelle modalità di uscita, pur rimanendo in un contesto in cui gli asset sottostanti sono in gran parte illiquidi». Proprio sulla scia di questa novità hanno aperto alla clientela retail UniCredit (in regime di consulenza), Banca Sella, Credem, Deutsche e si avviano a farlo con gradualità in AllianzBank, Banca Generali a Fineco. «Stiamo lavorando per ampliare la gamma – aggiungono da Banca Mediolanum – con fondi di private markets semiliquidi ed evergreen Eltif 2.0. Un’opportunità che riserveremo ai clienti con grandi patrimoni con servizio di consulenza evoluta Wealth Care Premium».
Le stime
Secondo le ultime previsioni della società di rating Scope il volume degli Eltif europei potrebbe assestarsi entro il 2027 tra 65 e 70 miliardi di euro, con almeno 80 nuovi prodotti pronti a fare il loro debutto nel Vecchio Continente nei prossimi 12 mesi. Già iò dopo un numero record di nuovi Eltif immessi sul mercato nel 2024. Private equity, infrastrutture e debito privato dominano l’offerta. Sono questi alcuni elementi significativi dell’ultimo sondaggio condotto dall’agenzia di rating Scope su un vasto numero di gestori patrimoniali e distributori.
Attualmente sono registrati in Europa 150 Eltif di 74 diversi gestori. Nel 2024 ne sono stati lanciati 55. Scope stima il volume complessivo di questi fondi in 20,5 miliardi di euro a fine 2024, in aumento del 38% ( 5,7 miliardi di euro ) rispetto a fine 2023.
Fonte: Il Sole 24 Ore