Auto giapponese, febbre alta: Nissan e Honda (alleate mancate) crollano
Il titolo Nissan, spinto dalla robusta revisione dei costi, ha guadagnato il 3%. Da inizio d’anno il rosso è del 25,6% ma nelle ultime quattro settimane si è verificato un recupero del 12%.
Honda: la fusione mancata e l’utile operativo in caduta libera
Honda, da parte sua, non ha centrato a metà febbraio l’obiettivo dell’alleanza con Nissan, ma non ha evitato la caduta dei profitti. Per l’anno in corso, la seconda casa automobilistica giapponese prevede un crollo del 59% dell’utile operativo, a 500 miliardi di yen (3,4 miliardi di dollari) contro i previsti 1,35 miliardi di yen), principalmente a causa dei dazi. La risposta è stata il rinvio di due anni del progetto per la supply chain dell’auto elettrica in Canada, mentre la produzione della Civic ibrida viene spostata dagli stabilimenti giapponesi a quelli americani. A pesare, oltre al contesto commerciale, è il rallentamento globale della domanda di veicoli elettrici, ma anche la forte concorrenza cinese. A tenere in piedi i conti è il comparto moto, che da solo vale metà dell’utile operativo.
Nel complesso Honda prevede un impatto di 450 miliardi di yen (3 miliardi di dollari) sul suo utile per l’intero anno. L’utile nell’anno fiscale conclusosi il 31 marzo si è attestato a 1,21 trilioni di yen (7,4 miliardi di dollari) dopo un quarto trimestre debole, ha dichiarato martedì la società. «L’impatto delle politiche tariffarie in vari paesi sulla nostra attività è stato molto significativo e vengono apportate frequenti revisioni, rendendo difficile formulare una previsione», ha commentato il ceo Toshihiro Mibe.
In Borsa a Tokyo +1% per Honda, che da inizio d’anno perde il 2% e nell’ultimo mese ha recuperato il 10%.
Toyota: il gigante in difficoltà, ma non affondato
Diverso è il caso di Toyota. Il gruppo numero uno del mondo con circa 10 milioni di veicoli venduti, ha chiuso l’anno fiscale con ricavi record a 48 trilioni di yen (circa 300 miliardi di dollari), ma ha subito un calo degli utili (utile operativo -10,4% e utile netto -3,6%, a 30 miliardi) ed ha rivisto al ribasso le stime per l’anno in corso (-34,9% l’utile netto). Nonostante uno scandalo sui test di certificazione e un impatto daziario stimato in 180 miliardi solo tra aprile e maggio, Toyota, però, tiene: il dividendo è stato confermato e le vendite sono in crescita, seppur con una lieve flessione dei volumi globali (9,36 milioni di veicoli contro 9,44). La strategia? Più produzione locale negli Usa, con stabilimenti al massimo della capacità, e una lenta ma costante transizione verso l’elettrico, pur mantenendo un ampio portafoglio di ibridi e motori termici.
Fonte: Il Sole 24 Ore