Avanzano le community della disintossicazione digitale consapevole

Avanzano le community della disintossicazione digitale consapevole

Un’intuizione geniale diventa in poco tempo un movimento globale. Ritrovarsi lontano dai dispositivi digitali connessi. In Olanda tre giovani universitari lanciano la proposta di un fine settimana senza smartphone immersi nella natura. L’iniziativa è sold-out, richiamando l’attenzione della generazione Z. Al centro c’è l’utilizzo consapevole dei dispositivi. Tempo alternato tra silenzio creativo e dialogo senza schermi. I telefoni vengono riposti in speciali phone hotel, cassette di metallo con scomparti chiusi. Il detox digitale da weekend elitario diventa rituale urbano. Il primo Offline Hangout nasce in un caffè ad Amsterdam. In poco tempo si scala: decine di migliaia di persone e mezzo milione di follower, emblema di un bisogno collettivo di distacco. L’idea conquista anche Berlino, Londra, Parigi, Milano e Barcellona. E vola in America.

Un approccio critico alla tecnologia

Ecco l’avanzata delle community che promuovono un approccio critico alla tecnologia. Non la si rifiuta, ma la si interpreta. È il dissenso gentile dell’always-on. Ma siamo al giro di boa di una disconnessione intenzionale? Secondo un’indagine del British Standards Institution il 47% dei ragazzi tra i 16 e i 21 anni dichiara che preferirebbe vivere in un mondo senza Internet. Dall’Inghilterra all’Italia. Il sovraccarico digitale è elevato, con il 42% dei consumatori che cerca attivamente la disintossicazione digitale, limitando il tempo di utilizzo del proprio smartphone o di altri dispositivi. Lo rileva il Decoding the digital home study di EY, che ha intervistato 1000 famiglie in Italia e 20.000 nel mondo sui comportamenti dei consumatori riguardo alla connettività, alla digitalizzazione e alla smart home. Sorpresa. Disconnettersi dai dispositivi non è più soltanto un atto isolato, come evidenziato anche al Digital Detox Festival di Sauris, borgo friulano a 1.400 metri di altezza e con meno di quattrocento anime nelle Alpi Carniche.

Alla ricerca di autenticità

«I giovani, soprattutto adolescenti, passano ancora molto tempo online, anche se alcuni iniziano a sperimentare piccoli gesti di detox come limitare l’uso delle app. Più che disconnettersi si nota una crescente ricerca di autenticità. Il disagio deriva soprattutto dal confronto sociale e dalla presenza di modelli ideali irrealistici», afferma Laura Marciano, ricercatrice italiana negli Stati Uniti, responsabile della ricerca all’Harvard T.H. School Public Health nel dipartimento di scienze sociali e comportamentali e associata al Digital Wellness Lab del Boston Children Hospital. Il tempo medio speso sui dispositivi non è più un indicatore solido. Per comprendere il nostro benessere dobbiamo interrogarci sulle dinamiche sociali, scrive il New York Times segnalando gli studi di Marciano. «Certamente lo screen time eccessivo non fa bene alla salute, ma per andare oltre bisogna chiedersi quali siano i processi socio-emotivi che il mondo online attiva oppure no.

Marciano: «Riduzione graduale del tempo offline»

I due mondi – quello fisico e virtuale – sono interrelati, ma online le dinamiche relazionali sono diverse, magari intense, prive di aspetti chiave dell’incontro in persona. Emergono due concetti chiave: il detox è per definizione volontario, non funziona se imposto. Inoltre più che il detox totale – con conseguente riutilizzo con interessi – è la riduzione graduale del tempo online che porta a effetti più duraturi e realistici», dice Marciano. «Disconnettersi non è fuggire, ma tornare all’essenziale: occorre scegliere con consapevolezza, ascoltare se stessi, riconnettersi con ciò che conta davvero, performare e sentirsi soddisfatti con sé stessi e con gli altri». Così sostiene Sandro Formica, professore di organizzazioni positive alla Florida International University, uno dei primi al mondo a decodificare il ruolo dei chief happiness officer nelle aziende. «Il dibattito è acceso, ma senza autoconsapevolezza non c’è vera scelta. Serve una rivoluzione silenziosa che riporti le persone al centro delle proprie decisioni. La mia ricerca su great resignation e quiet quitting evidenzia che ci disconnettiamo non per stanchezza, ma per mancanza di senso. Quando i bisogni, i valori e lo scopo non sono allineati, la disconnessione digitale è solo un sintomo», dice Formica.

Fonte: Il Sole 24 Ore