Avventurose slittate per l’Antartide – Il Sole 24 ORE

Dal fuoco al ghiaccio, la vita è tutta un attimo, ed è insieme abisso e redenzione. Colin O’Brady, esploratore contemporaneo di terre eanime, a 22 anni aveva le gambe ustionate e piene di ferite. Era sul letto di uno scalcagnato punto di primo soccorso con vista sul mare della Thailandia e su un’esistenza da disabile. A 33 anni, ha raggiunto – primo uomo a riuscire nell’impresa – la Ross Ice Shelf, dopo aver attraversato in 54 giorni il Polo Sud in solitaria, senza rifornimenti né ausilio di vele o cani da slitta. Solo Colin, la sua slitta carica di 170 chili di viveri e materiale, un paio di sci e di bacchette e tutto il bianco davanti. Un vuoto da riempire di ragioni e ragione, per non farsi divorare da ossessioni e paure, e arrivare alla meta. Celebrata nel volume Una sfida impossibile. L’Antartide in solitaria, che è un libro di avventura, ricerca e cura dell’anima. Ed è per chi si mette in viaggio e per chi è caduto, anche tante volte. Colin allunga la mano e dice a ognuno: «Sei forte, credi in te, alzati e spingi il limite più in là». Anche fosse di un solo centimetro, sarà la tua vittoria.

Una sfida impossibile

Colin O’Brady viene da un angolino di controcultura del Nord-Ovest americano, nasce nel 1985 sul futon di una comune nella città di Olympia, mentre in sottofondo suonava Redemption Song di Bob Marley e nella stanza aleggiavano nuvole di marijuana. Ama lo sport, il triathlon è una fede, la vita da atleta più di una aspirazione dopo aver visto l’oro di Pablo Morales a Barcellona 92. Poi, quell’incidente in Thailandia ma nel 2016 realizza il record dell’Explorers Grand Slam (raggiungere Polo Nord, Polo Sud e sette cime dall’Everest all’Elbrus) e del Seven Summits. Vuole altro perché «sento il futuro chiamarmi, pieno di incognite. Vincere o perdere è la misura del risultato, ma, tra questi due estremi spesso sembra esserci una vita intera, pronta a dispiegarsi nei minuti che verranno. Tutto è possibile». Nel 2018 pianifica la traversata dell’Antartide in solitaria: ha 33 anni, è forte e in forma. Si allena a Portland tirando carichi pesanti lungo pendii erbosi nei parchi o resistendo per interminabili minuti con i pugni dentro secchielli pieni di ghiaccio.

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La sfida è per due avversari, Colin O’Brady e Louis Rudd: improvvisazione e ingegno avrebbero deciso la loro sorte e il risultato. La traversata si svolge nell’estate australe per poter completare la spedizione prima dell’arrivo del lungo buio australe. Il 3 novembre 2018 un aereo li lascia al Messner Start sul ciglio della Ronne Ice Shelf: «Ora sapevo con certezza quanto sarei stato infinitesimo e isolato in quella vasta distesa di ghiaccio giorno e notte: 24 ore di luce diurna sotto un sole che non sarebbe mai tramontato e che si sarebbe allungato sempre davanti a me, all’orizzonte».

Una slitta e l’orizzonte infinito davanti

Il freddo intenso, fra 25 e 80 gradi sottozero, punge il viso, l’incredibile luminosità lascia sbigottiti. Nella slitta c’è la lista della spesa: farina d’avena e proteine in polvere, ramen essicato e pasti liofilizzati, ma, soprattutto, barrette proteiche delle dimensioni di un portamonete impilate come un mazzo di carte. Sotto gli sci una pelliccia sintetica garantisce un’aderenza tale da impedire di scivolare all’indietro, come le pelli di foca dei primi esploratori: «ero tremendamente solo, una sensazione che mi colpì come uno schiaffo in faccia mentre vedevo l’aereo allontanarsi». Dopo poco una delle quattro fibbie del bagaglio si rompe ed è il simbolo della sua nuova realtà, in cui avrebbe dovuto essere autosufficiente, pena il fallimento.

La routine: 12 ore di cammino

Le giornate sono routine dura e pura: 12 ore di cammino, l’acqua nei termos per dissetarsi e le barrette per sostenersi. Consumo medio di 10mila calorie e fare attenzione a non sudare. Se sudi, muori di ipotermia. Poi, fermarsi, scavare una piazzola per la tenda, montare la casa per dormire, per fare i bisogni fisiologici, per stendere gli abiti ad asciugare, per mangiare. E poi chiamare casa: lo aspettano gli sguardi della mamma e di Jenna, la moglie di cui si era innamorato alle Fiji quasi solo per quella sottile linea marrone scuro che attraversa l’iride del suo occhio sinistro.

Fonte: Il Sole 24 Ore