
Aziende orafe, export in calo del 15,2% nei primi cinque mesi 2025
Un 2024 positivo – chiuso con un aumento dei ricavi del 5% circa ed export a +41,4%- e un 2025 all’insegna delle incertezze con le esportazioni che, nei primi cinque mesi dell’anno, hanno segnato una flessione del 15,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. È un quadro complesso quello che emerge dai dati congiunturali sull’export elaborati dal Centro Studi di Confindustria Federorafi e contenuti in un’indagine condotta dall’Area Studi Mediobanca su un ampio campione di imprese del sistema orafo-argentiero-gioielliero italiano (circa 250 società di capitali con fatturato superiore a cinque milioni, pari al 90% dell’intero sistema).
Nell’analizzare l’andamento negativo delle esportazioni – il cui calo si è accentuato nel secondo trimestre dell’anno – vanno fatte alcune, dovute, precisazioni: nel 2024 l’export di oro e gioielli aveva registrato un incremento “anomalo” trainato sia dall’aumento del prezzo dell’oro sia dalle performance altrettanto anomale della Turchia. Complice l’inflazione galoppante e alcuni quantitativi all’acquisto di oro grezzo imposti dal governo di Ankara, le aziende turche tra la fine del 2023 e il 2024 hanno fatto acquisti massicci di prodotti semilavorati (catename, ad esempio) da poi rifondere in loco.
Effetto Turchia sull’export in flessione, ma anche gli Usa sono in calo
Sebbene la Turchia nei primi cinque mesi del 2025 abbia mantenuto una fetta importante dell’export italiano di prodotti d’oro in valore (oltre un quarto), a seguito di alcune contromisure messe in campo dal governo, le esportazioni hanno segnato un -42,2% rispetto al periodo gennaio-maggio 2024. Nel periodo di riferimento è calato anche l’export verso gli Stati Uniti: -18,9%, con la quota di mercato delle vendite orafe-argentiere-gioielliere in questo Paese scesa all’8,3% del totale. A incidere, molto probabilmente, anche la paura dei dazi con il Liberation Day di Trump (il giorno del primo annuncio delle tariffe, poi oggetto di rinegoziazione) avvenuto lo scorso 2 aprile. Le esportazioni verso altri mercati mostrano, invece, andamenti positivi: Emirati Arabi, Cina e Giappone sono tra questi.
L’incertezza geopolitica prima preoccupazione
L’indagine dell’Area Studi Mediobanca ha poi sondato “il polso” delle aziende del settore su vari temi. In primis, quello delle performance 2025: il panel delle aziendè è praticamente spaccato tra le aziende (45%) che prevedono una crescita, con un ottimismo leggermente più marcato nei distretti di Arezzo (52%) e Valenza (50%), e quelle che, invece, si attendono un calo (43 per cento). La preoccupazione principale delle imprese (77,8%) è l’incertezza geopolitica. A questa si aggiungono il timore per l’inasprimento delle politiche protezionistiche, segnalato dal 61,9% delle imprese e l’intensificarsi della concorrenza di prezzo che riguarda il 41,3% delle imprese. Non mancano timori sull’aumento dei costi energetici (33,3%) e le difficoltà legate al reperimento e alla fidelizzazione delle risorse umane e delle competenze (30,2%).
Oltre sei imprese su 10 guardano a nuovi mercati
Nonostante questo, però, o forse in ragione di questo, la maggior parte di esse intende espandere la propria presenza su nuovi mercati (61,5%), sviluppare nuovi prodotti e servizi (60%) e rafforzare gli investimenti in ambito tecnologico (44,6%). Sette aziende su 10 affermano di avere un impegno concreto nella gestione responsabile delle catene di approvvigionamento, mentre oltre due terzi mostrano attenzione alla riduzione delle fonti fossili, all’uso di energie rinnovabili, alla gestione dei rifiuti e al riciclo.
Fonte: Il Sole 24 Ore