
Bancari, quasi 45mila assunzioni con il Fondo occupazione
«In una fase così delicata, da anni, tra piani industriali, esuberi, prepensionamenti e pensionamenti volontari siamo riusciti a far assumere dalle banche 45mila giovani lavoratori, tutti con accordi sindacali. Chi può vantare, negli altri settori, dei numeri e dei risultati, socialmente così importanti?». Il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, al 129° consiglio nazionale della Fabi (in corso fino a domani), davanti ai ceo dei principali gruppi, ricorda i dati del Fondo per l’occupazione e ripercorre un anno e mezzo di risultati sindacali straordinari a cominciare dal contratto che si è chiuso a fine 2023 con l’aumento più alto di tutti i contratti, 435 euro medi. Ma anche, ricorda Sileoni «con la difesa di diritti, welfare, formazione, occupazione giovanile. Quel contratto non è solo un successo sindacale o personale, è un atto politico. Non è solo un contratto, è una scelta di campo, perché il lavoro va pagato, riconosciuto, rispettato. E altri grandi risultati sono stati raggiunti, dai nostri coordinamenti».
Il risiko bancario
Quei risultati, però, oggi vanno calati in un contesto dove in pochi mesi sono state messe in piedi offerte di scambio, ben cinque, che riguardano 102.700 lavoratori, praticamente più di un dipendente su tre: Unicredit-Banco Bpm, Banco Bpm-Anima, Bper-Popolare di Sondrio, Mps-Mediobanca e Ifis-Illimity. E allora, in questo contesto, dice Sileoni, «è più che mai necessario affrontare temi quali la gestione del cambiamento organizzativo in atto nelle banche e l’utilizzo delle nuove tecnologie applicate al settore. Il cambiamento spesso può mettere ansia e preoccupazioni, ma il cambiamento bisogna affrontarlo guardandolo in faccia, così come bisogna sempre guardare in faccia i problemi della vita. Se non lo fai, ti metti nelle mani e nelle decisioni di altri. E questo aspetto non mi è mai particolarmente piaciuto». Sui numeri che questo cambiamento produrrà, aggiunge Sileoni, «neanche i diretti interessati sanno come andranno a finire le operazioni. I numeri sono nei dossier preventivamente studiati dai gruppi che non li comunicano pubblicamente. Ma quando si mettono insieme due strutture è chiaro che il sindacato deve aspettarsi che ci siano degli esuberi. Quello bancario non è un sistema, è un settore dove c’è una certa competizione. Il sindacato deve farsi trovare preparato, ci siamo costruiti strumenti per essere autonomi, ci risolviamo i problemi all’interno senza stressare e senza licenziamenti».
Sulle M&A nel settore bancario, il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina ha detto che «se UniCredit decidesse di scalare Generali chiamerei Andrea Orcel e gli direi ’fermati’». Per il top manager «per come si stanno costruendo le operazioni» di M&a nel settore bancario l’immagine non è da best practice. Non è un Paese che sta mostrando capacità di gestire con eleganza determinate fasi». «Tutte le operazioni sono per definizione ostili, ma oggi» questa ostilità «comincia a essere un punto di attenzione anche in termini dell’immagine del nostro Paese», ha aggiunto Messina che non vede «grandissimo valore in quello che sta accadendo. La mia opinione è che prima si concludono queste fasi di grande incertezza, dialettica e ostilità più è utile per il nostro Paese».
Le tutele del contratto di lavoro Abi
Del valore e delle tutele del contratto dei bancari è convinto anche il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli che ha voluto sottolineare come «il contratto dei bancari è il miglior contratto per aggiornamento e tutela del valore reale di acquisto e per spessore giuridico di diritti, doveri e responsabilità. E’ un lavoro sedimentato. Non faccio profezie sui numeri dei bancari, ogni banca ha il suo progetto di business e le tendenze non sono omogenee. Siamo in un mercato che cambia così rapidamente, ma il settore bancario è il più colto e il più attrezzato culturalmente e metodologicamente per non subire e affrontare il domani». Quella che stiamo vivendo, aggiunge Patuelli, «non è la prima evoluzione tecnologica, il settore bancario non è che è passato dalla penna biro all’intelligenza artificiale, l’evoluzione tecnologica e gli investimenti in tecnologia sono continui, sempre tenendo alta la tutela della riservatezza e dei doveri verso i clienti e dei posti di lavoro. Non abbiamo mai licenziato nessuno».
Messina: inventare nuovi mestieri
Nell’incertezza generale del mercato, intanto si avvicina la presentazione del piano di Intesa Sanpaolo e dal consiglio nazionale della Fabi arriva una richiesta di garanzia dell’occupazione. «Quando sono diventato amministratore delegato di Intesa Sanpaolo la mia priorità è sempre stata prendermi cura delle persone che ci lavorano – ha spiegato Messina -. Io ho iniziato in banca da impiegato di prima, sono uno che guadagnava un milione di lire all’epoca, e so cosa significa cominciare e crescere a mano a mano. La mia priorità, chi lavora in banca da noi, credo che la sappia bene. La seconda cosa che ho fatto è sempre stato inventare nuovi mestieri. I processi devono puntare all’efficienza e all’innovazione, quindi bisogna inventarsi mestieri nuovi che possano dare un contributo economico, come attività diverse nel mondo delle filiali, ma che possano dare anche un contributo reputazionale, come attività sociali. La volontà di riuscire a fare qualcosa per chi ha più bisogno, l’elemento sociale è stata una delle priorità che mi ha portato a rendere la banca un punto di riferimento». Elencate queste priorità, Messina ha poi concluso che sente come «un elemento valoriale tutelare le persone che lavorano nella nostra azienda, dove, finché sarò amministratore delegato e lo sarò ancora per molti anni, non ci sarà mai nessuno forzato a lasciare la banca. Sicuramente bisogna però cercare di rendere più efficiente e produttiva la banca, dando dignità al lavoro. Le nostre persone devono sentirsi orgogliose di fare parte della banca».
Fonte: Il Sole 24 Ore