Banche, margine d’interesse al top. Prometeia: nel 2024 atteso un calo

Il clamoroso balzo del margine di interesse delle banche nel 2023 è sotto gli occhi di tutti: +45% è l’incremento medio dei ricavi generati dagli istituti da un anno all’altro grazie all’attività di lending. Ciò che ora resta da capire è come andrà il 2024. Perché se è vero che il calo dei tassi potrebbe tardare a manifestarsi, prolungando così la festa per gli intermediari, è anche vero che la raccolta potrebbe risentire di un rincaro, riducendo così la forbice dei guadagni. Con quali esiti finali?

Le banche, a dire il vero, non hanno dubbi: il 2024 sarà ancora all’insegna di un margine di interesse al top, anche ammettendo che il secondo semestre dell’anno, come ci si aspetta, porti con sé una contrazione dei tassi di interesse. Come preannunciato dai banchieri nella tornata di presentazione dei conti 2023, a fine anno il net interest margin in media si prospetta in linea o addirittura sopra quello del 2023. Merito, sottolineano le banche, di un’attività di hedging che è già iniziata con successo e che consentirà di proteggersi dall’inversione della curva dei tassi. E anche di una capacità (indiscutibile, fino ad oggi) di contenere al minimo l’aumento dei costi della raccolta, in particolare sul fronte retail, limitando il più possibile la remunerazione dei depositi.

Campanello d’allarme

A suonare però un campanello d’allarme, e a frenare gli entusiasmi delle banche, è la società di consulenza Prometeia. Che, un po’ controcorrente, mette nero su bianco previsioni meno bullish, invitando così alla cautela. «Al netto delle misure di copertura sui tassi da parte delle banche, stimiamo che il 2024 veda un calo del margine di interesse del 7% sul 2023 – spiega Lea Zicchino, senior partner responsabile delle analisi su mercati e intermediari – perché a cambiare sarà la struttura della composizione della raccolta».

Molto si deve a quello che, secondo la società di consulenza, si prospetta come un progressivo e inevitabile deflusso dei depositi verso altri lidi meglio remunerati. Va detto che fino ad oggi le banche italiane, in linea con le altre europee, hanno infatti mantenuto basso il livello di remunerazione della liquidità su conti correnti, che «solo in parte e solo nel primo scorcio del 2023 è defluita verso altre forme di investimento». Questa tendenza, secondo gli intermediari, non dovrebbe cambiare nel corso del 2024: se la clientela retail non è di fatto scappata dai conti correnti quando i tassi erano in forte rialzo, ragionano i banchieri, non si capisce perché le cose dovrebbero cambiare quando i tassi inizieranno a scendere.

Fuga dai c/c

Nelle proiezioni di Prometeia, invece, da qua al 2026 la fuga dai c/c sarà significativa: sono attesi deflussi per 240 miliardi circa, 100 dei quali approderanno verso depositi a termine, come i conti deposito vincolati, il cui peso sulla raccolta totale nelle previsioni aumenterà dall’attuale 7 al 12 per cento. Parte della raccolta mancante dovrà essere sostituita allora «con più emissioni e a costi mediamente più alti», tanto che la previsione è di un incremento della componente obbligazionaria dall’11 al 14% totale, complici nuove emissioni per 50 miliardi. «E poi le banche dovranno fare i conti con la competizione dei titoli di Stato, visto che il debito pubblico è atteso in crescita e dovrà essere finanziato in qualche modo anche dal risparmio degli italiani».

Fonte: Il Sole 24 Ore