
banche nel mirino, Forza Italia dice no
Fa discutere nella maggioranza l’ipotesi di un intervento sulle banche per finanziare le misure in arrivo con la manovra per tagliare le tasse al ceto medio. Dopo il “piccolo pizzicotto” evocato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, per pungolare gli istituti finanziari, è arrivato l’affondo di Salvini: «Lo scorso anno hanno guadagnato 46 miliardi di euro, un contributo alla crescita del Paese e alle famiglie lo possono dare». A seguire sono circolate le notizie che nel cantiere della manovra, per finanziare il taglio dell’Irpef per i ceti medi, potrebbe entrare una qualche forma di tassazione sul buyback, tecnica contabile con la quale le società effettuano riacquisti di azioni proprie dal mercato aumentando di fatto il valore delle azioni che rimangono in circolazione. Si valuterebbe se applicarla solo alle banche o estenderla anche a tutte le altre società a partire dalle assicurazioni.
Tajani: banche devono pagare tasse ma persecuzione è errore
L’ipotesi tassazione sul buyback, non smentita finora dal Mef, non piace però affatto a Forza Italia, contraria a ogni ipotesi di nuove tasse. «Tutti devono pagare le tasse, compresa le banche, ma siamo contrari a studiare un modo per fare la persecuzione delle banche. È un errore gravissimo» ha detto il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani. E ancora: «Io sono sempre stato per la linea del dialogo, non per la linea delle imposizioni», ha spiegato: «Se si deve chiedere alle banche un contributo», deve essere «come è stato fatto l’anno scorso e non come è stato fatto due anni fa, quando infatti noi abbiamo fatto saltare il blitz sugli extraprofitti».
Tassare i buyback non ha senso, sarebbe penalizzazione
In una intervista ad Affaritaliani, il responsabile economico di Forza Italia Maurizio Casasco ha spiegato nel dettaglio perché il partito è contrario a una eventuale tassazione sulle operazioni di buyback. «Il buyback è un’operazione compiuta dalle aziende sane in tutti i principali paesi con economia di mercato» ha detto Casasco: «Tassare i buyback non ha senso, per quattro ragioni: si penalizza il risparmiatore che ha investito in azioni, merce rara nel mercato italiano con un mercato azionario di piccole dimensioni e si disincentiva l’investimento futuro, proprio nel momento in cui serve più capitale di rischio per finanziare la crescita e la transizione tecnologica». Inoltre, «si penalizza retroattivamente il valore e quindi l’attrattiva delle aziende virtuose che hanno annunciato buyback; si scoraggiano e allontano gli investitori istituzionali internazionali (di cui tanto abbiamo bisogno per sostenere il nostro sviluppo) che, ancora una volta, vedrebbero l’Italia come Paese poco affidabile – dopo il grande merito del Governo di aver garantito stabilità, occupazione, rating e spread straordinari rispetto a Germania e Francia -, in quanto si allontana dagli standard internazionali, anche retroattivamente» e, infine, «si penalizzano i fondi pensione e quindi, indirettamente, i cittadini, incentivando, di conseguenza, gli investimenti esteri (il contrario di quel che è desiderabile e che, a parole, chiede il governo, anche con misure forti quali il ricorso al golden power)».
Ipotesi non ancora sul tavolo Abi
I rappresentanti dell’Abi non sarebbero stati interpellati e non avrebbero quindi nemmeno discusso all’interno dell’associazione delle eventuali ipotesi sul tavolo. Dalla loro le banche hanno l’accordo biennale siglato lo scorso anno, che andrebbe quindi rispettato nei termini previsti, e la difesa della certezza del diritto, via primaria non solo per convincere gli investitori a investire negli istituti e nell’economia italiana, ma anche per garantire la continuità dei finanziamenti delle stesse banche alle imprese. I grandi istituti che remunerano i propri azionisti ricorrendo, oltre che al dividendo, al riacquisto delle azioni proprie, sono oggi tre, con investimenti superiori ai 15 miliardi di euro solo nell’ultimo biennio. Intesa Sanpaolo ha remunerato i soci con buyback per 1,7 miliardi nel 2024, a valere sui risultati 2023, e sta attuando un programma da 2 miliardi quest’anno. Mediobanca negli ultimi due esercizi ha realizzato buyback per circa 200 e 385 milioni di euro. Ma in prima linea c’è Unicredit, la stessa finita nel mirino del governo per la tentata scalata a Bpm, di fatto bloccata con il golden power. La banca guidata da Andrea Orcel ha realizzato lo scorso anno un buyback da 5,6 miliardi a valere sui risultati del 2023 e ne sta portando avanti uno da 5,3 miliardi sull’utile 2024.
Fonte: Il Sole 24 Ore