
Barriere doganali triplicate in 5 anni Ma l’Italia tiene il passo
I dazi doganali introdotti dall’amministrazione Trump sono solo la punta dell’Iceberg di un commercio mondiale in fortissima tensione. Le misure restrittive, a livello internazionale, sono infatti aumentate di 3,5 volte rispetto al periodo pre-pandemico: nel 2024 sono state introdotte 4.370 barriere, mentre nei soli primi dieci mesi del 2025 ne sono state registrate 2.235. Nello specifico degli Stati Uniti, la politica tariffaria di Trump ha portato le aliquote medie al 17,9%, il livello più elevato dal 1934, che ha fatto triplicare le entrate doganali, fino a 29,6 miliardi di dollari al mese.
La frammentazione del commercio globale
Di questa «post-globalizzazione» o «frammentazione» del commercio globale si è parlato ieri al terzo Forum del Commercio internazionale, organizzato a Milano da ARcom Formazione con il patrocinio di Commissione Europea, Simest, Aice e Regione Lombardia. «I dazi non sono più solo uno strumento economico: sono diventati un’arma geopolitica – spiega Sara Armella, managing partner dello Studio legale Armella & Associati e direttrice scientifica del Forum -. In questo scenario, la conoscenza doganale e la diversificazione dei mercati diventano leve di sopravvivenza per le imprese italiane». La frammentazione geopolitica «potrebbe far perdere al commercio mondiale fino a 3mila miliardi di dollari entro il 2035. È fondamentale una gestione strategica dell’internazionalizzazione e un sostegno deciso agli investimenti esteri e ai distretti industriali», ha sottolineato Valentino Valentini, viceministro delle Imprese e del Made in Italy.
L’export italiano cresce nei primi sei mesi
Va detto che, nonostante la situazione, l’Italia tiene il passo: nel primo semestre di quest’anno, l’export ha raggiunto i 322,6 miliardi di euro (in aumento del 2,1% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno), mentre Francia e Germania hanno registrato una flessione dello 0,9%. Tuttavia, l’impatto dei dazi si sta già facendo sentire e l’Agenzia Ice stima che le imprese italiane dovranno sostenere fino a 10,6 miliardi di euro di costi aggiuntivi, con un possibile effetto negativo sul Pil tra lo 0,2% e l’1,4%.
Diversificare i mercati
Per questo è necessario – anche se ovviamente non facile – che le aziende diversifichino il più possibile i mercati di riferimento: un White Paper presentato da ARcom Formazione ha evidenziato che appena il 13% dell’export italiano si dirige oggi su rotte “nuove”, lasciando un potenziale inespresso di oltre 85 miliardi di euro. L’Unione Europea conta già 45 accordi di libero scambio con 79 Paesi extra-UE, che generano il 46% del commercio estero europeo. I mercati più interessanti in questo senso sono il Mercosur, l’India e il Sud-Est asiatico.
Fonte: Il Sole 24 Ore