Battaglia europea sulla Csrd: meno obblighi e più flessibilità

Battaglia europea sulla Csrd: meno obblighi e più flessibilità

L’unica certezza è il rinvio delle scadenze di due anni. All’insegna della semplificazione e di un perimetro di applicazione sempre più ristretto in attesa dei dettagli definitivi. Nelle istituzioni Ue e nelle capitali dei Ventisette va in scena la battaglia della Csrd, la direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità già recepita a livello nazionale che ora, con il Pacchetto Omnibus di febbraio della Commissione Ue è oggetto di una profonda revisione con l’obiettivo di ridurre oneri e costi per le imprese.

Il rinvio dell’applicazione

Ad aprile le istituzioni Ue si sono trovate d’accordo per fermare di due anni le lancette dell’orologio (il cosiddetto stop the clock) dell’applicazione del provvedimento: 2028 (sul bilancio 2027) per le grandi imprese che non hanno ancora avviato la rendicontazione di sostenibilità e 2029 per le Pmi quotate (sull’ anno finanziario 2028). Nel frattempo a fine giugno il Consiglio Ue ha definito la sua posizione negoziale proponendo un’ulteriore semplificazione: oltre alla soglia dei mille dipendenti già proposta dalla Commissione (erano 250 nella prima versione della direttiva entrata in vigore), i ministri hanno alzato a 450 milioni di euro il limite di fatturato annuo (dai 50 proposti dal pacchetto Omnibus).

Le novità sul tavolo

La palla è ora nel campo della commissione affari legali dell’Europarlamento. Il punto di partenza è il report del relatore Joergen Warnborn (Ppe) che propone un ulteriore innalzamento della soglia di applicazione alle imprese con oltre 3mila dipendenti (e 450 milioni di fatturato), ma anche piani di transizione climatica – che permettono di anticipare e mitigare i rischi finanziari legati al clima – non più obbligatori ma volontari. Il 14 e il 15 luglio è prevista la discussione degli emendamenti in vista del voto del 13 ottobre, mentre nella seconda metà del mese si esprimerà l’Europarlamento in plenaria. Poi potrà iniziare il trilogo, il negoziato con l’esecutivo Ue e il Consiglio.

«Lo sforzo di semplificazione intrapreso dalla Commissione Ue – sottolinea Benedetta Testino, associate director di Bcg – rappresenta un passo necessario e atteso. Nel primo anno di implementazione (2024) molte aziende si sono scontrate con un impianto normativo eccessivamente dettagliato, con requisiti in alcuni casi ridondanti o di difficile interpretazione. Questo ha portato a rendicontazioni scritte con un approccio di mera compliance, per rispettare il requisito, senza aprire a informazioni di business ». Nel frattempo l’Efrag (European financial reporting advisory group) lo scorso 20 giugno ha pubblicato la bozza di revisione degli standard (Esrs) per la redazione del nuovo bilancio di sostenibilità con sei direttrici di semplificazione. «L’obiettivo – spiega Testino – è quello di muoversi verso un modello meno prescrittivo, in grado di ridurre del 50% il numero di data point obbligatori e alleggerire in modo sostanziale l’onere di rendicontazione e formalizzazione: un approccio più pragmatico all’esercizio di doppia materialità, una riduzione delle duplicazioni, una distinzione tra obblighi vincolanti e linee guida non vincolanti e – in generale – meno informazioni richieste ». Un ulteriore passo avanti auspicabile, aggiunge, «riguarda l’elaborazione di linee guida operative settoriali, in particolare per gli intermediari finanziari».

Fonte: Il Sole 24 Ore