Beach club, ecco i 10 trend che cambiano la ristorazione in spiaggia

Beach club, ecco i 10 trend che cambiano la ristorazione in spiaggia

2. Arriva il beach club con resort

Laddove è possibile, stanno aumentando gli investimenti dei gestori di beach club nella realizzazione di strutture, fisse o mobili, per dare ai propri clienti la possibilità di vivere la vacanza in spiaggia, pernottando vista mare e potendo iniziare la giornata già con i piedi sulla sabbia. Questa soluzione è particolarmente interessante in quelle località dove l’offerta di hotellerie non è adeguata alle potenzialità della spiaggia, o dove esistono beach club eccellenti che faticano a soddisfare l’esigenza della clientela vip di pernottare in una struttura alberghiera che risponda agli stessi standard.

3. La colazione? Si fa in spiaggia

Tra i momenti di consumo, cresce nettamente l’attenzione verso la colazione, che storicamente è il fanalino di coda all’interno del beach club. Il primo pasto della giornata consumato fronte mare è una “coccola”, un desiderio che i clienti possono realizzare a un prezzo accessibile ma con elevate aspettative di qualità dell’offerta: gli stabilimenti iniziano pertanto a dotarsi di un reparto pastry dedicato ai prodotti da forno, come le brioche, e abbandonano il confezionato per alzare il livello dell’offerta, inserendo inoltre gli specialty coffee e bevande calde o fredde più ricercate. Sta arrivando la pasticceria tra gli ombrelloni.

4. Take over? Pro e contro

Nella stagione 2025 vedremo quasi sicuramente arrivare altre spiagge brandizzate, ma si tratta di una coda del fenomeno, perché in realtà i beach club più evoluti hanno già iniziato a limitare o escludere del tutto il cosiddetto take over. Il motivo è semplice: c’è il prestigio del brand che entra come partner, ma c’è anche la perdita di identità dello stabilimento, che così rischia di passare in secondo piano rispetto al marchio altisonante presente al suo interno. In ogni caso, ogni eventuale take over deve essere accuratamente monetizzato, anche in termini di eventi, e il marchio in ingresso deve essere coerente con l’immagine del beach club. Un esempio? Quello di Missoni in collaborazione con la catena di hotel Roccoforte.

5. Boutique a marchio

C’è l’importanza crescente del merchandising del beach club che, in quanto club, ha la possibilità di creare i capi di abbigliamento e gli accessori a marchio proprio. Nei casi più eclatanti, questo è un business davvero rilevante per la struttura. Poi c’è anche la possibilità di creare, all’interno dello stabilimento, uno spazio dedicato alle boutique del territorio, con prodotti di uso comune nelle spiagge (abbronzanti, eyewear, beachwear) o con prodotti tipici del territorio, dall’artigianato alla gastronomia.

6. L’ora della tequila (e del low alcool)

Il fenomeno del gin ha toccato il suo apice e probabilmente il proliferare di etichette Made in Italy, prodotte da micro distillerie che non hanno la massa critica per imporsi a livello di marketing, è destinato a ridursi. Nel frattempo, dopo aver conquistato gli Stati Uniti e le grandi metropoli mondiali, sembra arrivato il momento della tequila e degli altri distillati messicani come il mezcal. Se nella mixology il trend latino è già ben avviato, tutti attendono il momento della verità per i cocktail a bassa gradazione e ancora di più per i vini dealcolati: riusciranno a entrare nel cuore degli italiani? La rivoluzione potrebbe partire dai più giovani, perché tra gli over 30 – nonostante i timori legati ai controlli stradali – il percorso ci sembra piuttosto complesso. E sicuramente la spiaggia, con il caldo estivo, potrebbe essere un buon palcoscenico.

Fonte: Il Sole 24 Ore