Berlucchi investe nella fascia premium e resiste al calo delle vendite
Berlucchi ha appena presentato la nuova edizione della Riserva Franco Ziliani, dedicata all’istrionico pioniere del Franciacorta e fautore dell’ascesa della cantina. Con l’annata 2011, la seconda uscita dopo il 2008, diventa parte permanente della collezione Berlucchi. Meno di 5mila bottiglie che da sole non cambieranno le sorti del bilancio aziendale, ma che rappresentano un passo importante in una strategia che sta investendo nel premium per fare da traino a un lavoro di riposizionamento complessivo del brand, nell’ottica di creare valore su tutta le linee di prodotto.
«In una fase complessa come quella attuale, i prodotti di gamma alta non rappresentano soltanto un segmento strategico, ma un autentico presidio valoriale. È in questa fascia che si concentra la nostra identità – dice l’ad Arturo Ziliani – con l’attenzione meticolosa ai dettagli, la ricerca della massima espressione del territorio e la capacità di attendere il momento ideale per ogni cuvée. Investire nell’eccellenza ci permette di dare continuità alla visione che da oltre sessant’anni guida la Berlucchi: creare Franciacorta di prestigio, capaci di emozionare oggi e di resistere al tempo».
Nel retail il 70% del fatturato
Lavorare sull’eccellenza non vuol dire trascurare il canale della Gdo, che pesa per il 70% del mercato interno di Berlucchi, grazie soprattutto al Cuvée Imperiale, con le festività che pesano per circa il 60% delle vendite .
«Dopo gli anni di crescita post Covid, nel 2024 abbiamo registrato una frenata con un calo del fatturato di circa il 2% a 53,5 milioni – racconta il direttore commerciale di Berlucchi, Alessandro Ramagini –. Quest’anno abbiamo lavorato molto bene e i risultati ci stanno premiando: se le stime saranno confermate dovremmo chiudere il 2025 con un aumento dei volumi dello 0,5%-1% e poco più per il fatturato». Una tenuta che sarebbe un successo nel contesto attuale, dove se a soffrire sono più i rossi, le bollicine non sono immuni alle difficoltà.
«Se le stime saranno confermate – continua cauto Ramagini – si tratterebbe di un risultato ottenuto, oltre che con un’attenzione alla qualità e alla sostenibilità che sono i prerequisiti del nostro lavoro, anche grazie a una costanza nel mantenere relazioni commerciali ottimali, in particolare con una politica dei prezzi corretta perseguita negli anni. Avendo cercato di non spingere troppo sui listini in passato, ora non ci troviamo costretti come altri a ricorrere a scontistiche particolari».
Export ancora limitato ma in crescita
Più che sul mercato interno, il risultato è maturato però all’estero, dove la crescita è stata del 9%. «Se è vero che l’export vale il 5% del nostro giro d’affari, è anche vero che come numero assoluto vendiamo oltreconfine circa 200mila bottiglie (su circa 4 milioni di produzione media annuale, ndr), molto più di altre cantine con quote estero più elevate. Continuare su questa strada è il nostro primo obiettivo», continua Ramagini.
«Contemporaneamente stiamo consolidando la presenza nella ristorazione, canale che non sta certo attraversando un buon momento per i motivi noti: minor poter d’acquisto, tendenza a bere di meno, sanzioni stradali, e rincari che nella situazione congiunturale attuale sono difficili da sostenere. Ma la presenza nell’horeca rimane fondamentale, non solo perché pesa per un terzo del nostro business, ma perché permette di affermare qualità e forza del brand. E la presenza nelle liste dei grandi chef e sommelier si costruisce con il tempo e con un lavoro costante, come del resto anche con il grande pubblico».
Fonte: Il Sole 24 Ore