
Biffi: «Nella maggiore produttività la chiave per il futuro»
Le richieste al Governo
Spinta alla crescita dell’industria che per Biffi dovrebbe essere prioritaria anche in ambito politico, alla vigilia del varo di una manovra in cui «non si vede l’innesco, la scintilla che servirebbe per avviare questo percorso di cambiamento». «Sul tema della Legge di Bilancio – aggiunge – serve più coraggio: il momento è adesso. Ci aspettiamo di più da parte del Governo sul fronte innovazione: è fondamentale spostare tutte le risorse possibili per generare investimenti su una partita chiave per la competitività e per la crescita. Per restituire un paragone concreto, nel 2024 il governo tedesco ha dedicato fondi alla ricerca e sviluppo per 44,9 miliardi di euro, noi appena 13,5. Questo vuol dire una spesa per abitante più che doppia, in Germania pari a 538 euro mentre in Italia di 229 euro. Dobbiamo cominciare a colmare questo gap».
Tra le priorità quella di superare le complessità di Transizione 5.0, che nelle stime più recenti potrebbe al massimo vedere un utilizzo per tre miliardi, meno della metà delle risorse disponibili.
«Ecco perché per la prossima legge di bilancio serve con urgenza uno strumento chiaro, con risorse vere per l’innovazione e facile da usare. Solo così le imprese potranno sprigionare il proprio potenziale e diventare più produttive. E, al di là del nome che avrà, ci sono alcuni punti centrali e imprescindibili affinché la nuova misura abbia successo: che sia immediatamente applicabile, come l’originale 4.0, per evitare – come per Transizione 5.0 – mesi di ritardi, incertezze e complicazioni; con aliquote premiali almeno al 45% – valore previsto oggi solo per la configurazione più favorevole del 5.0. Ad esempio, le soluzioni sperimentali di Intelligenza Artificiale, vanno sostenute in maniera convinta; con un ruolo centrale del software, dei servizi e dei beni immateriali, anche per sostenere lo sviluppo di applicazioni e personalizzazioni legate alle imprese del nostro territorio».
Investire in capitale umano
Se in termini di risorse verso l’innovazione i capitali fanno difetto (Private Equity e Venture Capital appena allo 0,4% del PIL nel 2024, contro una incidenza in Francia dello 0,9%, in termini di capitale umano il quadro è più confortante. «Nella nostra area viene prodotto il 17% degli articoli scientifici nazionali di maggiore qualità, il 29% dei brevetti italiani. Questo perché il nostro territorio è un hub che crea conoscenza complessa: 9 università con 265mila studenti, 12 ITS, 18 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, 1 istituto di studi superiori avanzati. Il tema, quindi, non è se nelle imprese esista questa “Intelligenza Umana”, ma piuttosto come metterla nella condizione di esprimere tutta la sua eccezionale creatività. La verità è che a mancare non è il talento, a mancare è il coraggio di investirci davvero e di abbracciare il cambiamento».
Risolvere il nodo dell’energia
Altro nodo in termini di input produttivi è quello dell’energia, con prezzi sistematicamente superiori a quelli europei. «Nel breve – commenta – si deve accelerare sullo sviluppo delle rinnovabili già mature e competitive, come il fotovoltaico e l’eolico, superando le criticità allo sviluppo delle rinnovabili in Italia quali vincoli infrastrutturali, lentezze autorizzative, la limitata disponibilità di superfici che ne compromettono lo sviluppo competitivo, nonostante condizioni naturali molto favorevoli. Nel medio-lungo periodo, invece, bisogna guardare con coraggio a tutte le tecnologie in grado di garantire energia a un prezzo competitivo: i cosiddetti gas verdi – biometano e idrogeno – e il nucleare di nuova generazione, che oggi è più sicuro e più sostenibile. Tendere a un mix di produzione bilanciato ed efficace aumentando la produzione di energia da fonti rinnovabili e integrando la produzione secondo i principi della neutralità tecnologica senza pregiudizi è, infatti, indispensabile e necessario». Utilizzando il calore di recupero dei data center, inoltre, produrrebbe un risparmio complessivo di 5,7 milioni di tonnellate di CO2 l’anno con un beneficio economico stimato di circa 1,7 miliardi di euro.
Fonte: Il Sole 24 Ore