Biffi: «Produttività sfida cruciale per il lavoro»
«È in atto una nuova rivoluzione industriale guidata dall’innovazione – spiega il presidente di Assolombarda Alvise Biffi – che impatterà inevitabilmente sui modi e sui tempi del lavoro. Una sfida in cui dobbiamo giocare un ruolo attivo attraverso una responsabilità collettiva che coinvolga le istituzioni, le associazioni d’impresa e le organizzazioni sindacali. Una svolta culturale che non può che passare da una seria riflessione sulla produttività che, dal 2019 al 2024, nel nostro Paese, è addirittura diminuita, secondo le analisi del Centro Studi Assolombarda, dello 0,1%. Ricordiamo che un aumento della produttività del 10% delle micro, piccole e medie imprese industriali, guidato dalle tecnologie già presenti, può generare un incremento di 2,4 miliardi di euro di valore aggiunto nel nostro territorio, pari a una maggiore crescita di PIL di 0,8 punti percentuali per l’intera economia del Quadrilatero. Vuol dire una gestione del tempo migliore, salari più alti, vuol dire crescita condivisa. Per farlo serve il coraggio di riconoscere che ognuno di noi ha una parte di responsabilità in questa trasformazione: le imprese devono continuare a innovare, investire, formare; le istituzioni devono creare un quadro normativo che accompagni, e non freni, l’evoluzione; le parti sociali devono essere protagoniste di un nuovo patto basato sulla visione condivisa del lavoro. È nostro dovere riportare la fiducia al centro del sistema lavoro, per costruire insieme un lavoro più produttivo, più umano e più capace di futuro».
«Il tema della riduzione dell’orario di lavoro – ha dichiarato Maurizio Marchesini, vicepresidente per il Lavoro e le Relazioni Industriali Confindustria – non può essere affrontato in termini ideologici, ma con realismo e visione . L’evoluzione tecnologica e digitale ci chiede di lavorare meglio, non meno: di trasformare il tempo in valore, attraverso competenze, produttività e partecipazione. L’idea di una riduzione oraria o di uno smart working estesi in modo indistinto è seducente, ma illusoria: non può diventare un dogma universale. Ogni settore ha la propria fisiologia, e la politica industriale deve partire da lì: dal rispetto di ogni realtà produttiva e dalla consapevolezza che la competitività non si tutela per decreto, ma attraverso la qualità del lavoro e delle competenze. La contrattazione collettiva è il luogo in cui si coniugano competitività e benessere, innovazione e coesione. Serve un nuovo patto industriale basato su fiducia, formazione, flessibilità e futuro, per affrontare con responsabilità anche la sfida demografica e garantire la tenuta del sistema produttivo e del welfare. Il tempo del lavoro deve tornare a essere misura di civiltà: espressione di intelligenza, dignità e valore condiviso».
Le riflessioni sull’innovazione e sulle dinamiche del lavoro si intersecano da vicino anche con il tema della produttività, come sottolineato, nel corso dell’evento, dai dati presentati dal Centro Studi Assolombarda.
La produttività del lavoro, nel nostro Paese, è sostanzialmente ferma da oltre trent’anni: tra il 2014 e il 2019 la crescita media annua è stata appena dello 0,1%, mentre tra il 2019 e il 2024 si è registrata una lieve flessione (-0,1%).
Un dato che contrasta con la dinamica di altri Paesi avanzati e che, a livello d’impresa, è spiegato principalmente da quattro fattori: presenza di tante imprese di ridotte dimensioni poco produttive (le micro imprese lombarde registrano 47,7 mila euro di valore aggiunto per addetto vs 56,6 mila le omologhe tedesche), livelli ancora insufficienti di investimento in innovazione e R&S (meno del 40% delle imprese tedesche), limitata digitalizzazione anche lato offerta (l’ICT italiano è cresciuto in produttività del +0,3% in media annua nell’ultimo decennio, quello tedesco del +1,0%) e una internazionalizzazione tuttora poco diffusa – solo il 17% delle imprese manifatturiere esporta, e l’1% di esse concentra oltre metà del valore esportato – ma che premierebbe in produttività.
Fonte: Il Sole 24 Ore