
Boggi Milano investe negli Usa: 18 store in 5 anni e un accordo con Bloomingdale’s
Tre negozi già operativi a New York e una partnership inedita con Bloomingdale’s per l’ apertura di sette shop in shop che, a partire dall’iconico department sulla 59esima strada, porteranno Boggi Milano in location strategiche del mercato americano: dal Midwest alla Florida.
I dazi non fanno paura
Se il mondo (della moda e non solo) sembra “bloccato” nell’attesa di capire quale sarà la reazione dei consumatori americani ai dazi imposti dall’amministrazione Trump – ai prodotti europei dovrebbe essere applicato il 30% dal 1° agosto, ma sono in corso negoziazioni -, l’azienda di abbigliamento maschile viaggia a tutt’altra velocità, forte di un lavoro di preparazione del “terreno” cominciato anni fa e di risultati incoraggianti su un mercato che, dazi o meno, è sempre stato tra i più selettivi e competitivi al mondo: «Siamo molto convinti di questo progetto negli Usa e ono più di due anni che lavoriamo a questa espansione – spiega Claudio Zaccardi, presidente e ceo, che insieme ai due fratelli Carlo e Roberto ha prima lanciato l’insegna retail Brian&Barry e, nel 2003, ha rilevato il marchio Boggi – e non possiamo rimanere in balia di decisioni come quella sui dazi: se siamo nell’ordine del 20-30% possiamo gestirli. In un momento storico come quello attuale, con la crisi del lusso che ha aumentato in modo i prezzi senza seno, pensiamo che un prodotto come il nostro, col nostro stile e il nostro punto prezzo, sia perfetto per il mercato americano».
Il ruolo degli Usa nell’espansione del gruppo
Il gruppo ha archiviato il 2024 con ricavi per 330 milioni di euro e punta a chiudere il 2025 con ricavi poco sotto l’obiettivo dei 380 milioni di ricavi, per il 65% realizzati all’estero. Zaccardi ha in mente un progetto ambizioso e, soprattutto, internazionale. A partire dal mercato a stelle e strisce e da un’espansione retail: «Il momento era favorevole: abbiamo negoziato buoni prezzi per l’affitto degli store (quelli diretti sono tre: il primo a SoHo, seguito da quelli su Madison Avenue e a Columbus Circle, ndr) e siamo arrivati con un progetto a cinque anni che prevede l’apertura di circa tre negozi all’anno per un totale di 18 punti vendita e di arrivare a ricavi tra i 100 e i 120 milioni di euro. Abbiamo già siglato il contratto per Miami, che apriremo a febbraio 2026, e stiamo lavorando sulla California. A questi si sommeranno i punti vendita in partnership con Bloomingdale’s e i canali online, quello diretto e quello multimarca». A settembre, poi, aprirà un magazzino da cui Boggi Milano spedirà merce ordinata online direttamente dagli Usa. Al di là degli Usa, Boggi Milano sta avendo risultati positivi in mercati come «Inghilterra, Spagna, Germania». Merito anche dell’approccio che valorizza il rapporto qualità prezzo: «Per noi sono due componenti chiave. Puntiamo anche ad “elevarci” ulteriormente per intercettare quei consumatori del lusso aspirazionali che oggi sono orientati su marchi premium».
Il nodo dell’incertezza globale
Il 2025 ha avuto, finora, un andamento altalenante: «Il primo trimestre è andato bene, il secondo si è rivelato più critico. Ora vediamo cosa succederà. Speriamo che la situazione internazionale si stabilizzi un po’, che si risolvano le guerre. L’incertezza è ciò che più danneggia le imprese».
L’ecommerce rimane un canale fondamentale per Boggi che realizza circa il 15% dei ricavi online anche grazie all’intersezione con i negozi fisici (che devono il 10% dei ricavi alle vendite via iPad) e ha da poco realizzato un investimento importante nella logistica: ha inaugurato un nuovo magazzino automatizzato da 10mila mq a Concorezzo (Monza).
Fonte: Il Sole 24 Ore