«Boom di investimenti nel private market, raddoppio in dieci anni»

«Boom di investimenti nel private market, raddoppio in dieci anni»

Il private market vale oggi circa 15 trilioni di dollari. Ma entro 10 anni è destinato a raddoppiare e a raggiungere i 30 trilioni. Questo anche perché sempre più aziende rimangono private più a lungo e i giganti quotati – dal tech, alla farmaceutica, al largo consumo – trasferiscono sempre più spesso parte delle proprie attività non strategiche a società che operano nei mercati privati». E l’Italia? «Ha una quantità di eccellenze, spesso di nicchia – dalla meccanica all’hi-tech, dal pharma al food – che hanno un enorme potenziale di attrazione di equity, ma non riescono ancora a capitalizzare come meriterebbero».

Per Steffen Meister, executive chairman di Partners Group (nata nel 1996, quotata dieci anni dopo alla Borsa di Zurigo; ha una capitalizzazione oltre i 30 miliardi, 150 miliardi di asset in gestione, di cui circa metà è corporate equity e l’altra metà real estate, infrastrutture e private credit, oltre a una nuovissima divisione royalties) è soprattutto la trasformazione digitale, guidata dall’intelligenza artificiale, a modificare i ritmi di crescita. Mentre è l’affaccio di nuovi gruppi di investitori che storicamente hanno avuto poca esposizione – come la ricchezza privata, i fondi pensione a contribuzione definita e il capitale assicurativo – a determinare la crescita futura dei mercati privati. «Negli anni ’80 il tipico strumento delle aziende per crescere sui mercati era l’Ipo, la quotazione in Borsa. Così sono cresciuti Nike, Microsoft e molti altri. Il capitale privato era invece molto opportunistico. Spesso acquistava aziende, spezzettava i rami d’azienda e li rivendeva. Un business molto inattivo. Nel tempo le cose sono cambiate. Dal 2016 il finanziamento tramite private market risulta maggiore rispetto alle emissioni azionarie globali sul mercato pubblico. Se si considerano gli ultimi 24 mesi, negli Usa, vediamo che l’80% delle società quotate attraverso una Ipo non registrava profitti. Solo circa il 20% riportava utili positivi. Negli ultimi 18 mesi abbiamo visto meno Ipo, meno capital margin actions. Oggi la competizione internazionale, la digitalizzazione, l’instabilità complessiva obbligano ad investire, cambiare strategia e agire molto velocemente. Per le aziende con una dimensione di ricavi tra uno e 10 miliardi ottenere risorse finanziarie è più facile con il private market: meno regolamenti, meno burocrazia e meno valutazioni da fare tramite analisti e mercato. E poi la flessibilità. Nel mercato pubblico un’operazione di finanziamento richiede mesi. Nel private market è più veloce. Ciò non significa che un assetto sia preferibile all’altro. Solo che il mercato pubblico e privato coesisteranno sempre più».

Ma non c’è solo un tema dimensionale. «A favorire il private market – spiega Meister – c’è anche che tra le grandi multinazionali quotate, dal tech alla farmaceutica, si tende a trasferire sempre più spesso le attività non strategiche a proprie società che poi restano nel mercato privato. Ad esempio, la ricerca e sviluppo». E oggi, «grazie a una democratizzazione dell’accesso, gli investitori – soggetti quotati o banche private, fondi, assicurazioni o family office – hanno cambiato il modo di allocare, selezionano il potenziale di crescita e accrescono la propria esposizione in società manifatturiere o ad alto valore aggiunto in cui prima, con i soli mercato quotati, non arrivavano».

Per questo, Meister stima che l’Aum di Partners Group sia destinato a triplicare entro il 2033, dagli attuali 152 miliardi a 450 miliardi. In questo quadro, ha sempre meno senso ragionare per compartimenti stagni: «Un investimento in datacenter – afferma Meister – è un asset immobiliare alternativo o un’infrastruttura? E un capannone logistico alimentato a pannelli solari? La separazione tra asset class cambia per l’innovazione. Anche il residenziale di nuova generazione ha valore quanto più è supportato da una piattaforma di servizi via app, domotica, manutenzione a distanza».

Fonte: Il Sole 24 Ore