Bund e BTp, rendimenti al rialzo dopo la Bce

Bund e BTp, rendimenti al rialzo dopo la Bce

Non si allenta la pressione sui rendimenti obbligazionari. I tassi a due anni del Bund – molto vicini alle aspettative sulla politica monetaria della Bce – sono saliti all’1,93%, tornando ai livelli di marzo scorso. Il mercato sta quindi scontando che nei prossimi 24 mesi l’istituto di Francoforte manterrà il costo del denaro in linea con i valori attuali (giovedì il tasso sui depositi è stato confermato al 2%). Stanno però risalendo anche i rendimenti delle scadenze più lunghe, generalmente meno sensibili alle azioni della banca centrale e più legati ai fondamentali macroeconomici, come crescita e inflazione. Il Bund a 10 anni si è spinto al 2,72%, con un incremento rilevate dopo la riunione Bce e di 30 punti base rispetto a inizio giugno.

Si riscontra una dinamica simile anche sui BTp, che ieri – sulla scadenza a 10 anni – hanno toccato il 3,58%. Si tratta di un balzo dai minimi settimanali di 11 punti base sui livelli massimi, segnale di un atteggiamento più cauto da parte degli investitori nella valutazione dei bond. Nell’Eurozona, l’inflazione sembra sotto controllo, rientrata nei ranghi dell’obiettivo della Bce intorno al 2%. Tuttavia, l’incognita dazi continua a pesare: la scadenza del 1° agosto per raggiungere un’intesa con gli Stati Uniti si avvicina e questo rende più nervoso il mercato obbligazionario, storicamente meno influenzato dagli animal spirits rispetto all’azionario. Ma pur sempre mosso dall’azione dei bond vigilantes, quei guardiani del deficit che mantengono alta l’attenzione per impedire derive nella spesa pubblica.

Non va dimenticata la correlazione con gli Stati Uniti. È vero che tra i rendimenti delle due aree c’è un differenziale a favore degli Usa – considerati un’economia più efficiente e produttiva, in grado di imprimere un ritmo di crescita e inflazione più elevato. Ma è anche vero che questo differenziale – ieri intorno ai 170 punti base a favore degli Usa – agisce da calamita nei movimenti sincronizzati dei mercati. Di conseguenza, se i rendimenti americani salgono, esercitano una pressione rialzista anche su quelli europei. E viceversa.

Negli Usa i rendimenti stanno risalendo. Il decennale è passato dal 4,18% di fine giugno a un massimo del 4,41%, mentre il trentennale sembra ormai prossimo a lambire nuovamente la soglia tecnica e psicologica del 5% (ieri al 4,96%). Anche negli Stati Uniti l’azione dei bond vigilantes è molto forte, sia per via della legge di bilancio “monstre” varata dal Congresso, che aumenta nettamente deficit e spesa pubblica, sia per l’incertezza legata all’inflazione a causa dei dazi. In un contesto in cui la Bce ha interrotto il ciclo di tagli e la Fed continua a rimandarli, i bond governativi vengono venduti. Ieri pomeriggio solo quando Trump ha definito Powell «un brav’uomo» e poi ha aggiunto «penso che abbasserà i tassi d’interesse», i rendimenti dei Treasury sono scesi al 4,40% per il decennale.

Fonte: Il Sole 24 Ore