Caldo, domanda di elettricità, emissioni di CO2 e costi: ecco l’impatto dell’aria condizionata in 25 Paesi

Caldo, domanda di elettricità, emissioni di CO2 e costi: ecco l’impatto dell’aria condizionata in 25 Paesi

L’installazione di un condizionatore nelle abitazioni comporta un incremento medio del consumo elettrico del 36%, secondo i modelli più accurati. Un recente studio internazionale, coordinato da Enrica De Cian (Università Ca’ Foscari di Venezia) insieme ad altri ricercatori del Centro Euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc), Iiasa, ifo Institute e Boston University analizza come l’adozione e l’uso dei condizionatori d’aria stiano impattando il consumo energetico domestico in tutto il mondo. In giornate particolarmente calde, quando le temperature superano le medie stagionali e l’indice di “Cooling Degree Days” (indicatore climatico che stima il fabbisogno energetico per il raffreddamento di edifici durante la stagione calda) è alto, questo incremento può salire fino al 57%. In molte nazioni, specialmente quelle che già soffrono ondate di calore estreme, il condizionatore non è più un vezzo, ma una necessità per la salute, soprattutto per anziani, bambini e persone vulnerabili. L’aumento delle temperature globali – stimato in oltre 1,1°C rispetto all’era preindustriale – spinge sempre più famiglie a dotarsi di un impianto di raffreddamento, anche in regioni che fino a pochi anni fa ne facevano tranquillamente a meno.

Povertà energetica

Lo studio evidenzia però una spaccatura socioeconomica: il consumo di energia per aria condizionata varia notevolmente in base al reddito. Le famiglie con redditi elevati consumano in media 1.436 kWh all’anno solo per il raffreddamento, quelle con redditi più bassi si fermano a circa 679 kWh. Il divario non si spiega soltanto con la possibilità di acquistare l’apparecchio: le famiglie benestanti tendono a scegliere modelli più potenti e a utilizzarli più a lungo, coprendo più stanze e mantenendo temperature interne molto basse, anche nei giorni meno caldi. Al contrario, chi ha meno disponibilità economica spesso usa condizionatori datati o meno efficienti, e li accende solo nelle ore più torride, per contenere i costi. Si parla di una “nuova forma di povertà energetica estiva”: non si tratta più solo di non riuscire a riscaldare adeguatamente la casa d’inverno, ma di non potersi permettere di mantenerla vivibile d’estate.

I consumi per famiglia nei diversi Paesi

Negli Stati Uniti, dove la penetrazione è già altissima e le abitazioni sono grandi, il consumo per famiglia è tra i più elevati al mondo, con un uso intensivo che genera forti picchi estivi; in India la quota di case climatizzate è ancora bassa ma crescerà rapidamente, spingendo la domanda elettrica a livelli tali da richiedere un aumento della capacità di generazione fino al 29%, con rilevanti implicazioni per le emissioni se l’energia resta fossile; la Cina, già con una diffusione significativa, vedrà un incremento meno esplosivo in termini percentuali ma enorme in valore assoluto, data la popolazione, rendendo strategico il passaggio a impianti efficienti e fonti rinnovabili; in Europa, invece, la penetrazione parte da livelli più contenuti e l’impatto complessivo sulla rete è minore, ma l’aumento delle ondate di calore sta accelerando l’adozione, soprattutto nei Paesi meridionali, ponendo anche qui il problema di coniugare comfort, sostenibilità e riduzione della “povertà da raffreddamento”.

Proiezioni al 2050

Le previsioni sono chiare: senza interventi mirati, il fenomeno è destinato a crescere rapidamente. Oggi, il 27,5% delle abitazioni nel mondo dispone di un condizionatore. Secondo i diversi scenari socioeconomici analizzati, entro il 2050 questa quota salirà al 40,7–54,6%. In termini di consumo, la domanda elettrica globale per il raffreddamento domestico aumenterà di quasi il doppio o il triplo rispetto ai livelli attuali: si passerà dagli attuali livelli a un fabbisogno compreso tra 976 TWh e 1.393 TWh l’anno. Le conseguenze ambientali non sono da sottovalutare: si stimano emissioni aggiuntive comprese tra 670 e 956 milioni di tonnellate di CO₂ all’anno, con un costo sociale che potrebbe oscillare tra 124 e 177 miliardi di dollari.

Fonte: Il Sole 24 Ore