
calo del 64% degli arrivi di migranti, ma il trend può cambiare
Nuove battaglie in Libia
Perché gli accordi reggano, però, l’UE è costretta ad augurarsi che i paesi coinvolti mantengano una certa stabilità. La situazione è particolarmente delicata in Libia: il paese nordafricano, sprofondato in una guerra civile dopo la caduta di Muammar Gheddafi nel 2011, è infatti conteso tra due governi e innumerevoli milizie armate. Dopo mesi di relativa tranquillità, a maggio nella capitale Tripoli la situazione si è nuovamente inasprita. E l’UE si è subito chiesta se la maggiore porta d’accesso al suo territorio non fosse in procinto di riaprirsi.
Secondo Matteo Villa dell’ISPI (Istituto italiano per gli studi di politica internazionale), però, questo scenario al momento non sarebbe probabile: “L’Italia sta prendendo volutamente le distanze per poter mantenere buoni rapporti con tutti gli attori politici tripolini”. L’obiettivo di Roma sarebbe appunto quello di mantenere buoni rapporti con tutte le milizie “che potrebbero rivelarsi utili, sia nel settore energetico che per quanto riguarda le questioni migratorie”.
Generalmente, spiega Villa, l’instabilità in un primo momento produce un calo delle partenze a cui poi può seguire un nuovo aumento, che però dipende da vari fattori. In ogni caso, ora come ora non sarebbe in atto né il primo né il secondo scenario, ma piuttosto una “situazione relativamente stabile che si attesta su numeri comunque alti e nella quale, negli ultimi mesi, si riscontra una leggera tendenza al rialzo”. In effetti, recentemente il Ministero dell’Interno italiano ha comunicato un nuovo aumento degli arrivi tra aprile e maggio, che il ministro Matteo Piantedosi, dicendosi preoccupato, ha attribuito agli sviluppi libici.
Un caso delicato per Roma
In realtà, Piantedosi dovrebbe preoccuparsi anche di un’altra questione: a gennaio, infatti, eseguendo il mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale (CPI) per crimini di guerra, l’Italia ha arrestato Njeem Osama Elmasry, allora capo della polizia giudiziaria libica, per poi rilasciarlo e riportarlo in Libia di lì a poco, suscitando grande indignazione. È risultato evidente che il governo di Giorgia Meloni non voleva rischiare l’accordo con la Libia sull’immigrazione per via di un arresto. Solo che adesso Elmasry è ricomparso a capo della milizia Rada, coinvolta nei recenti scontri a Tripoli. Se questa lotta di potere dovesse portare a un’ulteriore destabilizzazione del Paese e, di conseguenza, a nuovi flussi migratori verso l’Italia, ciò sarebbe da imputare, almeno in parte, allo stesso governo di Roma.
Nel monitorare la situazione della Libia non bisogna dimenticare il suo vicino meridionale, il Sudan, dove una guerra civile sta provocando la più grave crisi di rifugiati al mondo. Si potrebbe ipotizzare che molti di quei profughi tenteranno di raggiungere l’Europa passando per la Libia. Angenendt, però, non è di questo avviso: “Si tratta dei più poveri tra i poveri: spesso non riescono neppure a raggiungere i paesi sicuri confinanti e neanche le zone sicure all’interno del paese stesso”. Alcuni di loro, aggiunge, probabilmente riusciranno ad arrivare in Europa, “semplicemente perché qui i profughi sono tantissimi. Ma non si riverseranno certo in massa sul nostro continente”.
Fonte: Il Sole 24 Ore