
Caso Al-Masri, la memoria del Governo: rimpatrio «nell’interesse dello Stato»
La memoria indirizzata alla Giunta per le Autorizzazioni ricostruisce il caso Al-Masri, il generale libico ricercato per torture, dalla prima all’ultima ora. E chiede un esito secco: diniego dell’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro della Giustizia Carlo Nordio, del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.
Per i tre, l’intera vicenda rientra nella clausola dell’articolo 9, comma 3, della legge costituzionale 1/1989: atti compiuti nell’interesse dello Stato, costituzionalmente rilevante e di preminente interesse pubblico.
Vizi procedurali: termini scaduti e contraddittorio negato
Il primo argomento della memoria è di ordine formale. Il Tribunale dei ministri avrebbe deciso fuori tempo massimo sulla richiesta di autorizzazione a procedere: la legge assegna 90 giorni, prorogabili a 150, ma la decisione è arrivata dopo oltre sei mesi, con il termine già scaduto il 30 giugno 2025.
C’è poi il tema del diritto di difesa. Mantovano aveva chiesto di essere ascoltato, ma la sua audizione è stata respinta. Al contempo, al procuratore della Repubblica di Roma sono stati chiesti più pareri, mentre i difensori hanno avuto accesso al fascicolo solo a ridosso della decisione.
La memoria segnala anche due fughe di notizie, denunciate dal Tribunale il 12 febbraio e il 10 luglio. E contesta l’uso delle informative rese in Parlamento il 5 febbraio dagli esponenti di Governo: definite dal Tribunale «versione difensiva», sono state utilizzate contro i tre indagati. Per la difesa, si tratta di atti inutilizzabili perché resi senza assistenza legale.
Fonte: Il Sole 24 Ore