Per la prossima edizione la short list dei dieci curatori: chi sono, a quali esempi guardano e cosa significa rappresentare il proprio paese
Fonte: Il Sole 24 Ore
Il nome Tselinny fa riferimento alla parola russa “tselina”, che significa terra non sviluppata ma fertile e allude alle pratiche artistiche in evoluzione del Kazakistan e all’appropriazione sovietica della terra nomade. Il ruolo del Tselinny Center of Contemporary Culture è pertanto quello di unire generazioni, promuovere talenti locali e dialogare con il mondo senza rinunciare all’identità del Paese. Il prossimo 5 settembre inaugura il nuovo Tselinny Center ad Almaty, nell’ex cinema sovietico Tselinny trasformato dall’architetto Asif Khan. L’apertura prevede mostre, installazioni e il programma Barsakelmes, ispirato a un’isola del Mar d’Aral simbolo di memoria coloniale ma ormai prosciugato. La performance centrale rielabora una leggenda centro-asiatica come riflessione sulle crisi contemporanee. Tra le opere commissionate: un’installazione di Gulnur Mukazhanova (Kazakistan, 1984) incentrato sul concetto di porta e una video-opera con acquerelli della giovane Dariya Temirkhan (Kazakistan, 2000) dedicata a draghi e spiriti dell’acqua. Per approfondire la visione e le ambizioni che hanno guidato la trasformazione del Tselinny Center, abbiamo parlato con il suo fondatore, Kairat Boranbayev.
Come è nata l’idea del Tselinny Center of Contemporary Culture?
Quando ho iniziato a occuparmi di cultura avevo già realizzato diversi progetti imprenditoriali. Mi resi conto che in Kazakistan, nonostante la presenza di artisti e studiosi di talento e un pubblico interessato, mancava un’infrastruttura istituzionale contemporanea solida. Non esistevano piattaforme stabili dove lavorare con continuità, sviluppare programmi, invitare professionisti internazionali e dialogare alla pari. Tutto era frammentato. Ho voluto riunire in un unico luogo. All’inizio ci siamo mossi in piccolo, con progetti d’arte sporadici, spesso in collaborazione con aziende o all’interno di grandi iniziative culturali ospitate altrove. Quando abbiamo visto che funzionava — e che c’erano visione, pubblico e partner — è maturata l’idea di dare vita a un’istituzione stabile, con una sede permanente e una strategia di lungo periodo. Così è nato Tselinny: non come “un museo”, ma come risposta concreta a una necessità precisa, quella di creare uno spazio culturale contemporaneo e funzionale che mancava del tutto, e un ambiente in cui i talenti della regione potessero esprimersi appieno.
Cosa l’ha spinta ad aprire un centro di cultura contemporanea in Kazakistan?
Per gran parte della mia vita mi sono dedicato solo agli affari. Come molti negli anni ’90, bisognava ricostruire il Paese, sostenere le famiglie e far crescere l’economia. La cultura, in quegli anni, era un pensiero secondario. Solo quando è arrivata una certa stabilità ho iniziato a chiedermi: cosa resterà dopo di noi? Cosa lasceremo alle nuove generazioni? Tselinny non è un business né un investimento. È il mio tentativo di ricostruire un legame culturale tra generazioni ed epoche. Il Kazakistan sovietico ci ha lasciato un’eredità, ma ha anche nascosto molto. Avevamo una cultura fortemente censurata, non libera. Volevo un luogo in cui il Kazakistan di oggi — quello autentico, non costruito a tavolino — potesse esprimersi con la propria voce. Col tempo ho capito che senza cultura l’economia è cieca: si riduce al consumo. Io invece cercavo significato, un posto dove capire cosa sta a cuore alle persone e come affrontarlo.
Qual è la missione del Centro e a chi si rivolge?
La missione di Tselinny è essere una piattaforma dove tutti possano far sentire la propria voce: giovani, artisti, ricercatori e chiunque voglia conoscere il mondo attraverso la cultura. Non vogliamo imporre ciò che è giusto o sbagliato, ma creare un luogo di dialogo. Un posto dove si possa visitare una mostra o ascoltare una conferenza. Non si tratta di istruzioni da parte di esperti, ma di un’interazione viva con il pubblico su un piano di parità.
Ha una funzione educativa, di promozione artistica o di sviluppo urbano?
Tutte queste cose insieme, ed è questo il nostro punto di forza. Non ci limitiamo alle mostre: facciamo attività educative, partecipiamo a biennali, lavoriamo con archivi e progetti urbani. Durante la ristrutturazione della sede, ad esempio, abbiamo proposto al Comune di trasformare il parco adiacente in uno spazio d’arte all’aperto. Stiamo anche digitalizzando il nostro patrimonio, preservando ciò che rimane dell’epoca sovietica, perché, pur con tutte le sue ambiguità, è importante mantenerne il legame e reinterpretarlo. Credo che come istituzione offriamo alla città progetti che generano non solo arte, ma anche economia, turismo, piccole imprese e, soprattutto, pensiero.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Le principali istituzioni museali britanniche, all’inizio dell’anno hanno avviato una “razionalizzazione” del personale che non va letta soltanto come una risposta immediata alla crisi post-pandemica, ma potrebbe essere interpretata come…
Fonte: Il Sole 24 Ore
Il Kazakistan è il paese più ricco dell’Asia Centrale. La sua rapida crescita economica è avvenuta dopo l’indipendenza, nel 1991, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica, con i grandi investimenti nel settore petrolifero ed energetico e, di conseguenza, le esportazioni di petrolio, gas, carbone, cromo, uranio, zinco e piombo hanno favorito l’incremento del Pil che a fine 2023 ha raggiunto 260 miliardi di dollari circa nel 2023. Il Kazakistan si è affermato, in questi anni, come attore chiave nella geopolitica regionale attraverso una strategia diplomatica “multivettoriale” che mira a mantenere relazioni amichevoli e collaborazioni con un’ampia varietà di attori internazionali. Così il Paese è diventato un attore chiave nella geopolitica regionale.
In questo contesto anche l’arte diventa un vettore per la strategia diplomatica. Così molte imprese di recente hanno intensificato gli investimenti nel settore artistico e culturale per diversificare la dipendenza dal settore petrolifero. A sostenere questa visione del Paese volta a promuovere la scena artistica e culturale sono due ricchi imprenditori che hanno deciso di indirizzare parte delle loro risorse alla cultura e all’arte attraverso la realizzazione di due istituzioni ad Almaty, cuore culturale ed economico del Kazakistan, che saranno inaugurati il prossimo settembre. Un museo privato l’Almaty Museum of Arts dell’imprenditore Nurlan Smagulov e il Tselinny Center of Contemporary Culture che fa capo Kairat Boranbayev.
Almaty Museum of Arts
Sarà il Il primo museo privato di arte moderna e contemporanea dell’Asia Centrale con una collezione di oltre 700 opere di artisti kazaki e dell’Asia Centrale ospitate in un nuovo edificio di 10.600 metri quadrati progettato dagli architetti britannici Chapman Taylor. Due le anime della collezione accanto ad artisti moderni kazaki come Aisha Galymbayeva, Salikhitdin Aitbayev, Maktum Qisamedin e Shaimardan Sariyev vi sono opere di artisti contemporanei pionieristici come Rustam Khalfin, Sergei Maslov, Yerbossyn Meldibekov, Saule Suleimenova, Said Atabekov, Saodat Ismailova dall’Uzbekistan e Jazgul Madazimova dal Kirghizistan. Non manca il dialogo internazionale all’interno della collezione favorito dalle opere di artisti come Khadim Ali, Xu Zhen, Jadé Fadojutimi, oltre a Fernand Leger, presente con un murale in ceramica, a Richard Serra e ad un’installazione audiovisiva multicanale del videoartista Bill Viola. Tre al momento le opere commissionate che accoglieranno i visitatori ad Alicja Kwade, Yinka Shonibare e Jaume Plensa. La collezione appartiene Nurlan Smagulov, imprenditore a capo del Gruppo Astana, attivo nel business automotive e in seguito anche nei centri commerciali con MEGA Park, in Almaty. In una dichiarazione Smagulov, ha affermato che “l’arte ha il potere di trasformare le vite e, una volta, ha trasformato la mia. Il Museo non è solo un museo: è un ponte che collega l’arte vibrante e diversificata dell’Asia Centrale con la scena culturale globale. La nostra missione è creare uno spazio stimolante in cui sia la popolazione del Kazakistan sia i visitatori internazionali possano sperimentare l’arte contemporanea che risuona con le esperienze umane universali, mostrando allo stesso tempo le voci culturali distintive della nostra regione”. La direzione artistica del museo è affidata a Meruyert Kaliyeva, nativa di Almaty, con un’esperienza nel dipartimento post-war di Christie’s, che nel 2015 ha fondato ad Almaty la Aspan Gallery, specializzata in arte contemporanea dell’Asia Centrale. Il capo curatore del museo sarà Inga Lāce, borsista per l’Europa Centrale e Orientale al Museum of Modern Art di New York fino al 2023, tra gli altri suoi progetti figurano il padiglione lettone alla Biennale di Venezia nel 2019, il festival d’arte contemporanea lettone Survival Kit tra il 2017 e il 2023 e alla prossima Biennale di Venezia curerà il Padiglione Lettone insieme a Adomas Narkevičius. La prima mostra sarà una personale dell’artista kazaka Almagul Menlibayeva, intitolata «I Understand Everything» con la curatela di Gridthiya Gaweewong. Sarà la prima retrospettiva dell’artista nata ad Almaty, ed esporrà il suo lavoro dagli anni Ottanta a oggi che tratta i temi del ruolo delle donne, la politica dell’identità, l’ecologia e il neocolonialismo. In contemporanea la mostra “Qonaqtar” – che in kazako significa “ospiti” – curata dalla curatrice capo Inga Lāce attinge dalla collezione del museo per esplorare le tradizioni e le tensioni dell’ospitalità e della migrazione in Asia Centrale riunendo icone moderniste e voci contemporanee.
Tselinny Center of Contemporary Culture
Tselinny Center of Contemporary Culture fa capo Kairat Boranbayev che ha costruito la sua fortuna con investimenti in petrolio e gas, immobili, retail di prodotti farmaceutici, oltre ad essere una figura chiave nel settore sportivo in Kazakistan, come presidente dell’FC Kairat, la squadra di calcio di maggior successo di Almaty. Con un progetto dell’architetto britannico Asif Khan l’imprenditore kazako ha recuperato un’icona del modernismo sovietico, un cinema costruito negli anni ’60 che nel corso degli anni ha subito diverse trasformazioni, per dar vita al Tselinny Center of Contemporary Culture. Il centro è attivo con programma regolare dal 2018, ma con l’apertura del nuovo edificio occupa uno spazio appositamente costruito. Il programma inaugurale inizia con una serie di eventi dal titolo «Barsakelmes», un’ex isola del lago d’Aral, ora una zona della regione dell’Aral in Kazakistan, il cui approccio si basa sul carattere nomade e performativo della cultura kazaka. Questa prima fase è incentrata su spettacoli, concerti, eventi e iniziative ed è stata realizzata in collaborazione con musicisti, studiosi e architetti e artisti locali tra cui Samrattama, Gulnur Mukazhanova e Dariya Temirkhan. Per il suo fondatore, Kairat Boranbayev, il Tselinny è un’istituzione sperimentale la cui flessibilità permette di esplorare direzioni diverse e multidisciplinari per offrire programmi sia per il largo pubblico sia per un pubblico professionale e il suo obiettivo è di dare un contributo significativo allo sviluppo della cultura contemporanea in Kazakistan e in Asia Centrale oltre a rendere Almaty attraente per gli abitanti e i turisti “stimolando un afflusso di capitali e di talenti eccezionali”.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Le opere degli artisti del Centro Asia raccontano un mondo fatto di identità complesse, tradizioni rivisitate e riflessioni sulla società, sull’economia, la politica e i ruoli di genere. Gli artisti di questa vasta regione sono oggi i protagonisti delle conversazioni culturali mescolando radici storiche e tensioni contemporanee in opere simboliche. Ne sono un esempio gli oltre 70 progetti site-specific della Biennale di Bukhara, “Recipes for Broken Hearts” in agenda dal 5 settembre all’11 novembre che raccontano anche la storia del paese e sono concepiti attraverso collaborazioni tra artigiani locali e artisti residenti in Uzbekistan, dagli altri paesi dell’Asia Centrale e da tutto il mondo.
Le collaborazioni tra artisti e artigiani
Tra gli artisti internazionali che parteciperanno all’evento figurano Antony Gormley, Subodh Gupta, Carsten Höller, Dana Awartani, l’italo-senegalese Binta Diaw, Erika Verzutti per citarne solo alcuni. La loro presenza alla Biennale favorirà un mix di conversazioni interdisciplinari e collaborazioni creative che intrecceranno molte tradizioni spirituali e culturali volte a favorire l’artigianato dell’Uzbekistan e non mancheranno – come il titolo della biennale ricorda – interventi di carattere gastronomico come forme d’arte, smantellando le gerarchie attraverso un viaggio multisensoriale.
Diversi saranno i progetti ispirati al cibo, tra cui un’installazione del collettivo artistico Slavs and Tatars e del ceramista uzbeko Abdullo Narzullaev incentrata sul melone come dono divino, secondo una leggenda locale uzbeka, l’artista Samah Hijawi (Giordania/Belgio) e Ahmad Arabov (Uzbekistan) hanno realizzato un murale ricamato di 15 metri, che traccia il movimento di cibi e spezie commerciati lungo le Vie della Seta. L’artista libanese Tarek Atoui (si è conclusa da poco la mostra all’Hangar Bicocca) si confronterà con musicisti uzbeki in una celebrazione contemporanea delle tradizioni viventi che collega il suo impegno a lungo termine con il modo in cui le tradizioni musicali migrano attraverso l’Asia, il mondo arabo e oltre, con performance e workshop che si svolgeranno dal 21 al 23 settembre.
Un’altra collaborazione con un artigiano locale è quella dell’artista brasiliana Erika Verzutti (lavora con Andrew Kreps Gallery, New York con prezzi a partire da 35mila a 250mila dollari) che realizzerà la scultura in legno «Tower of Pomegranate» in collaborazione con l’artigiano locale Shonazar Jumaev. “Il melograno – spiega Erika Verzutti ad Arteconomy24 – è una forma che favorisce un ricco dialogo tra il mio vocabolario scultoreo e le tradizioni locali di Bukhara; tradizionalmente, il melograno simboleggia la fertilità, l’abbondanza e la prosperità, spesso associato alla vita, alla rinascita e alla fortuna grazie ai suoi numerosi semi che rappresentano abbondanza e continuità”. La scultura situata in uno spazio pubblico, in prossimità di una colonna di legno tradizionale bukhariana che sostiene l’architettura di un negozio di tappeti. Questa è la prima volta che l’artista realizza la sua serie di melograni – precedentemente fusi in bronzo o modellati in ceramica – in legno, lavorando con il maestro intagliatore bukhariano Shonazar Jumaev. Insieme Erika Verzutti e Shonazar Jumaev hanno scelto di “lasciare le superfici semilavorate, richiamando l’attenzione sul processo stesso – il gesto, il fare, il toccare”. L’obiettivo di questa edizione inaugurale della biennale è far conoscere i talenti locali e delle aree limitrofe.
Gli artisti uzbeki e delle aree limitrofe
Tra i numerosi talenti che la Biennale metterà in luce, alcuni hanno già avuto visibilità nel nostro paese come Aziza Kadyri, che ha rappresentato l’Uzbekistan all’ultima Biennale (da East Contemporary, Milano, prezzi da 2mila a 30mila euro per le installazioni più complesse). Per la biennale Aziza sta lavorando a due progetti, una grande installazione site-specific per l’esterno di una delle madrase realizzata in collaborazione con l’artigiana Yulduz Mukhiddinova e ad un’opera digitale e interattiva con il 3D animator Mathieu Bissonnette, per un caravanserraglio.
Fonte: Il Sole 24 Ore
C’è un gesto che ormai è diventato rituale, un momento atteso tanto dai tifosi sugli spalti quanto da chi osserva da casa. Al termine di una vittoria in un torneo del Grande Slam, molti tennisti firmano le palline da gioco e le lanciano al pubblico, trasformando un semplice oggetto di gara in un frammento di storia. Queste palline, marchiate dalla firma di leggende come Roger Federer, Rafael Nadal, Serena Williams, Jannick Sinner, Carlos Alcaraz non sono soltanto souvenir, sono veri e propri pezzi di memorabilia sportiva, capaci di raggiungere cifre abbastanza sorprendenti tra i collezionisti. Una pallina firmata subito dopo una vittoria agli US Open o a Wimbledon può valere dai 150 ai 500 euro, a seconda dell’autenticità, del contesto (finale o altro turno), e naturalmente del tennista. Alcune palline, legate a match epocali o a carriere leggendarie, possono superare anche i 1.000 euro, soprattutto se accompagnate da certificazione o documentazione fotografica.
Una pallina firmata da Carlos Alcaraz in occasione degli US Open 2022, momento di svolta della sua carriera quando ipnotizzò gli appassionati con una prestazione stellare. L’allora diciannovenne prodigio si assicurò il suo primo titolo importante sconfiggendo il norvegese Casper Ruud, quinto classificato, in un avvincente incontro conclusosi 6-4, 2-6, 7-6(1), 6-3. La pallina firmata, una Wilson Tennis Ball, di questa vittoria è stata aggiudicata da Sotheby’s nell’asta Zenith Sports Artifacts nell’aprile 2024 a 1.524 dollari da una stima compresa tra 500 e 1.000 dollari e il lotto era accompagnato da una lettera di James Spence Authentication (JSA) relativa alla firma.
Prezzi più contenuti su Catawiki, dove una pallina firmata da Jannik Sinner durante le ATP Finals di Torino 2024 è stata venduta a 270 euro mentre su eBay, la vittoria agli Australian Open 2024 sempre del tennista italiano, autenticata JSA, era in vendita a circa 350 dollari.
Altri lotti più standard ovvero non legati a grandi eventi, sempre con autenticazione PSA o ACOA, hanno realizzato cifre minori comprese tra 18 e 74 dollari. Questi dati mostrano come il valore dipende dal contesto, dall’autenticazione e dal legame con match importanti: una pallina di Sinner dopo una finale Slam può raggiungere e anche superare 300 euro, mentre una comune, pur autenticata, scende a poche decine di euro. In Italia a proporre tennis memorabilia è Bolaffi ma sono ancora poche le proposte e riguardano in prevalenza l’abbigliamento, cappellini e palline a cifre molto contenute e inferiori a 500 euro.
Racchette da leggenda
Le racchette utilizzate durante tornei o momenti storici sono tra i pezzi più ricercati. Le racchette più datate, come quelle di Björn Borg, John McEnroe, Andre Agassi hanno un valore che può oscillare tra i 5 mila e i 40 mila dollari, a seconda dello stato di conservazione e della documentazione disponibile. Nel 2007 in un’asta di Christie’s la racchetta utilizzata da Bjorn Borg nella finale di Wimbledon del 1981 vinta da John McEnroe è stata battuta per 13.200 sterline da una stima compresa tra 5 e 8 mila sterline. Una caratteristica tutte le racchette personali di Borg avevano la “D” stampata sulle corde. Se, invece, l’interesse è per una racchetta usata in partita da Novak Djokovic o Rafael Nadal il prezzo può superare i 50 mila dollari. Da Sotheby’s nel 2024 la racchetta utilizzata da Djokovic, quando si è imposto sul suo rivale di sempre Roger Federer nella finale degli US Open 2015, è stata aggiudicata a 53 mila dollari da una stima compresa tra 40 e 60 mila dollari.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Anna Cataneo è più conosciuta nel circolo dell’arte contemporanea come Anna Perrella, suo marito è Gianluca Perrella, notaio di Catanzaro; insieme si incontrano un po’ ovunque tra fiere mostre e biennali, e la loro collezione spazia dall’Arte Povera alla Pop arte romana ai giovanissimi emergenti italiani di cui sono tra i pochi e più accaniti sostenitori. Ma dimentichiamo per una volta il cognome del marito. Anna ha deciso di abbandonare i lussi e gli ozi della collezionista in trasferta e di impegnarsi insieme ad altri valorosi per portare l’arte contemporanea nella sua città, attività di gran lunga più faticosa. In qualche modo questo è l’incipit di Catanzaro Contemporanea, una rassegna dedicata all’arte andata in scena dal 4 al 6 luglio. Tra I volenterosi spiccano le figure di Francesco Vaccaro curatore del progetto, tornato in Calabria dopo un paio di decenni altrove, Mara Varia ed Ester Pontoriero, entrambe architette e impegnatissime nei mille aspetti organizzativi richiesti da una manifestazione di questo tipo.
In mostra
Il fulcro di Catanzaro Contemporanea è una mostra di videoarte, visitabile gratuitamente fino a fine mese, curata da Claudio Libero Pisano, «Vidimu», vediamo, nel dialetto locale, una mostra che coinvolge otto artiste italiane o legate al nostro paese. Sonia Andreasano nel suo video “Barcode” mette in scena la sospensione tra libertà e costrizione che abbiamo vissuto tutti durante il lockdown , tra i 2.000 e i 20.000 euro le sue quotazioni, Fiamma Montezemolo ci porta in un viaggio intimissimo con il video “tra un tremore e l’altro” , quello legato ai ricordi fotografici di suo padre di cui in qualche modo ricostruisce la memoria minata dall’Alzheimer, rappresentata da Magazzino raggiunge quotazioni di 25.000 euro. Iulia Ghita è altrettanto intimista e il protagonista della sua opera “MAL_shore” è il figlio di 8 anni che lei segue con la telecamera in una passeggiata dal valore iniziatico (2.500 il prezzo, edizione di 3). Nel video di Bruna Esposito, invece, c’è una traduzione poetica e spiazzante dell’Infinito di Giacomo Leopardi recitato nella lingua dei segni, i lavori dell’artista romana rappresentata da Wizard Gallery sono in vendita ad un range di prezzo molto ampio con i lavori storici che raggiungono i 125.000 euro.
Catanzaro Contemporanea ha proposto anche le proiezioni di film d’arte sotto il cappello di Artecinema iniziativa ideata da Laura Trisorio a Napoli e qui esportata con successo: numerose le conversazioni in cui si sono confrontati personaggi di spicco del mondo dell’arte come la curatrice della Fondazione Cartier Michela Alessandrini e la direttrice della GAM di Torino Chiara Bertola.
Artisti e collezionisti
Il capoluogo calabrese non è comunque una città avulsa all’arte contemporanea e nel Parco della Biodiversità si possono ammirare da una ventina d’anni sculture formato Unlimited di vari artisti tra cui Antony Gormley, Michelangelo Pistoletto, Mimmo Paladino, un asset turistico per la città ma anche economico vista l’esplosione di mercato degli artisti sopracitati.
Il budget dell’art week catanzarese è stato coperto grazie al sostegno di privati e aziende oltre al sostegno del Comune di Catanzaro, attivissima l’assessora alla cultura Donatella Monteverdi. Molti i volti noti del collezionismo che hanno fatto visita nel weekend, alcuni in città per la prima volta tra cui da Roma Valentina Impallomeni, che afferma: “è stata un’esperienza elegante e semplice, sorprendente e appagante, un omaggio all’arte in tutte le sue forme in una cornice calda ed accogliente”
Fonte: Il Sole 24 Ore
La Corte dei conti nella mattina dell’8 luglio, a seguito dei controlli ex lege ha recapitato i suoi rilievi al Capo di Gabinetto del Ministero della Cultura, che sta coordinando l’iter dell’interpello dei 175 dirigenti di seconda fascia.
La frenata della CdC
L’organo costituzionale ha eccepito che nel primo decreto di nomina di 10 dirigenti è stata data precedenza alle figure previste all’art. 19 comma 5bis e comma 6 del D.Lgs del 30 marzo 2001, n. 165 (TU Pubblico Impiego), ossia ai dirigenti di altre pubbliche amministrazioni (la maggioranza sui 10), invece che ai dirigenti di ruolo del MiC. Pertanto, l’iter va ripetuto includendo e dando la precedenza ai dirigenti di ruolo.
L’interpello
Facciamo un passo indietro e ricostruendo la vicenda di cui Arteconomy si è già occupata in passato, anticipando i possibili ritardi e gli intoppi burocratici. Vediamo le problematiche riscontrate. La Direzione generale Risorse Umane e Organizzazione del MiC a fine maggio ha pubblicato la procedura di selezione per il conferimento di 175 incarichi dirigenziali di seconda fascia per l’amministrazione centrale e periferica del ministero. I posti a disposizione sono tanti e riguardano uffici importanti centrali con funzioni finanziarie, gestionali e uffici periferici come soprintendenze, musei e istituti culturali di tutta Italia. L’interpello si poneva l’obiettivo di selezionare candidati in base alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi stabiliti, alla complessità della struttura coinvolta, nonché tenendo conto delle attitudini e delle capacità professionali, dei risultati già ottenuti nell’amministrazione di appartenenza e delle relative valutazioni, delle competenze organizzative specifiche possedute e, laddove presenti, delle esperienze pregresse in ruoli di direzione. La procedura si è rivolta a dirigenti appartenenti al ruolo del Ministero della Cultura, nonché i dirigenti di altre pubbliche amministrazioni. La finestra per partecipare è stata breve, dal 26 maggio fino al 5 giugno. La volontà del MiC era quello di concludere l’iter con tutte le nomine entro il 30 giugno. Allo stato attuale l’obiettivo previsto si può dire che non sia stato conseguito.
Gli sviluppi futuri
Quali sono gli effetti dei rilievi della Corte dei Conti? Da un lato potrebbe bloccare le prime nomine, dall’altro potrebbe accelerare la copertura di tutte le posizioni. Il Capo Gabinetto ora ha in preparazione un secondo decreto di assegnazione delle risorse con la maggioranza di personale interno e minoranza esterno, 50 in totale, in modo che la Corte dei Conti non possa eccepire la priorità alle figure esterne. Il resto delle altre nomine, 125, dovrebbe avvenire nelle prossime settimane e, quindi, con una maggiore celerità rispetto al mese di agosto come successivamente previsto dal MiC.
La voce dei sindacati
Secondo le rappresentanze sindacali Cisl Fp e Flp nei decreti di assegnazione risulta indispensabile contrattualizzare le 14 risorse che hanno superato il Corso Concorso per Dirigenti tecnici, così come destinare incarichi alle figure che stanno completando il percorso di formazione della Sna. Su questo tema il Gabinetto rischia di avere uno stop dalla Corte dei Conti e dal Consiglio di Stato a cui le risorse interne faranno un sicuro ricorso, nel caso venissero estromesse. L’elenco delle 175 posizioni era noto già da tempo, pertanto risulta quanto meno poco comprensibile non aver fatto un unico decreto di nomina. La posta in gioco, quindi, è alta, in quanto sono scoperti, oltre a numerosi uffici importanti, anche 23 musei di seconda fascia, alcuni molto visitati come il Pantheon e Castel Sant’Angelo, il Parco archeologico di Ercolano, il Palazzo Reale di Napoli, il Museo storico e Parco del Castello di Miramare, il Complesso monumentale della Pilotta, Villa Adriana e Villa D’Este. Rimangono in attesa di un direttore anche tutte le Soprintendenze e l’Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale, Digital Library il cui posto di comando rimane vacante e ad interim da più di due anni. Si attendono le prossime mosse del Gabinetto e qui viene in mente una citazione di un film di Massimo Troisi “Scusate il ritardo”.
Fonte: Il Sole 24 Ore
La settimana che Londra dedica all’arte classica ha avuto inizio con l’asta serale dei grandi maestri della pittura da Christie’s il 1 luglio. Il risultato dei 39 lotti offerti dopo tre ritiri, e cinque lavori rimasti invenduti, sfiora 55,3 milioni di sterline, di cui 31,9 milioni di sterline in un solo lotto, la veduta record di Canaletto. Le garanzie hanno giocato un ruolo importante con nove lotti protetti da parti terze, che con ogni probabilità in quattro casi sono dovute intervenire in assenza di ulteriori rilanci. Erano garantiti quattro dei sei primi lotti per realizzo, sebbene il Canaletto abbia suscitato interesse di almeno tre compratori, rendendo così inutile la garanzia.
Canaletto record
La classica grande veduta di Venezia con il Ritorno del Bucintoro nel Giorno dell’Ascensione era destinata a superare il precedente record per l’artista già dal momento in cui era stata assicurata una garanzia sul lotto. Il dipinto di 86 x 138 cm, parte di una coppia dipinta negli anni ‘30 del Settecento, considerata da storici e collezionisti il miglior periodo dell’artista, giungeva in asta con una lunga ed importante provenienza nobiliare e storica che ha significativamente aggiunto valore. Insieme alla veduta ‘gemella’ del Canal Grande e Rialto, venivano dalla collezione di Sir Robert Walpole, il primo Primo Ministro inglese fino al 1742.
In seguito i dipinti sono passati nelle mani di diverse famiglie nobili inglesi, per poi avere un capitolo ‘italiano’ nel secondo dopoguerra, quando vennero comprati a Londra da Mario Crespi, senatore e proprietario del Corriere della Sera, negli anni ‘50, per poi finire in Francia ed essere venduti separatamente. La tela gemella del Canal Grande con Rialto ha tenuto per 20 anni il prezzo record di 18,6 milioni di sterline, mentre il dipinto del Bucintoro era stato aggiudicato nel 1993 da Tajan in Francia per l’equivalente di 10 milioni di euro di allora. La dimensione, qualità e storia del dipinto hanno portato al nuovo record attuale, in un contesto di compratori sempre più focalizzati sulla ricerca del ‘trofeo’; l’acquirente potrebbe inoltre essere il proprietario dell’altro dipinto pendant, ben disposto a rilanciare per ricongiungere la coppia.
Opere milionarie e collezioni
Oltre al Canaletto, cinque lotti hanno superato la soglia del milione di sterline, di cui due proposti senza garanzie: si tratta di un severo ritratto maschile nobiliare dipinto da Tiziano attorno alla metà del ‘500, aggiudicato dopo un solo rilancio in sala a 3,4 milioni di sterline con le commissioni, da una stima di 3-5 milioni, e una delle 45 versioni della scena invernale con la trappola per uccelli di Pieter Brueghel il Giovane, che ha sfiorato 1,2 milioni di sterline, sotto la stima di 1-1,5 milioni prima dell’aggiunta delle commissioni.
Tre dipinti dell’epoca d’oro fiamminga tutti garantiti hanno superato il milione: una grande e ricca Natura Morta di Jan Davidsz de Heem datata 1649 è finita con ogni probabilità al garante di parte terza a 3,6 milioni di sterline con le commissioni, da una stima di 3-5 milioni, mentre una esuberante coppia di dipinti con vasi fioriti e frutta di Jan van Huysum della metà del ‘700 è passata di mano a 1,6 milioni di sterline, entro la stima di 1,2-1,8 milioni grazie probabilmente ad un rilancio oltre la garanzia.
Ha fatto meglio, invece, della stima garantita di 1-1,5 milioni una veduta d’interni di piccole dimensioni di Gerrit Dou, allievo di Rembrandt, che ha sfiorato 2,1 milioni di sterline; il dipinto faceva parte di un gruppo di sette lotti consegnati dagli eredi del collezionata Daniel George van Beuningen (deceduto 70 anni fa); due di questi sono probabilmente finiti ai garanti di parte terza, una Venere con Cupido di Cranach il Giovane a 630mila sterline e un dipinti religioso di El Greco e studio a 756mila sterline, mentre una scena di interni di campagna di Pieter Brueghel il Giovane ha superato la stima di 300-500mila sterline per fermarsi a 819mila con le commissioni, per un totale dei sei lotti venduti di circa 5 milioni di sterline.
Una seconda collezione, quella di Mickey Cartin, ha sfiorato complessivamente 1,5 milioni di sterline, guidata da un arcigno ritratto femminile con due barbe di Willem Key che va oltre la stima garantita realizzando 882mila sterline, mentre un’autoritratto di Hammershoi è restato invenduto dalla stima di 200-300mila sterline. Complessivamente solo sette lotti hanno superato le stime alte prima dell’aggiunta delle commissioni, e oltre una decina non hanno raggiunto le stime basse; pochi i rilanci, salvo i casi indicati in precedenza. Sotheby’s con un catalogo serale del 2 luglio ha completato l’offerta.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Can, Contemporary Art Now, è tornata per la sua quarta edizione dal 25 al 29 giugno 2025 negli spazi di Fecoev, alle porte della suggestiva cinta muraria di Ibiza. La fiera ha riconfermato la sua formula vincente, la dimensione boutique con 30 gallerie, l’arte contemporanea emergente, l’atmosfera rilassata tipica del Mediterraneo e l’energia dell’inizio estate. In un contesto fieristico sempre più uniforme e prevedibile, Can Ibiza si distingue come un’oasi creativa capace di attrarre un pubblico trasversale: collezionisti, appassionati d’arte, villeggianti di lusso e nuovi residenti internazionali che, dopo la pandemia, hanno trasformato l’isola in un rifugio privilegiato.
Lontana dai cliché speculativi e dalle installazioni iperconcettuali che affollano le grandi fiere globali, can 2025 rilancia con coraggio la pittura, come linguaggio centrale firmata da giovani artisti al loro debutto sul mercato. Molti degli artisti esposti provengono da contesti periferici rispetto ai grandi centri dell’arte, alcuni hanno da poco terminato gli studi e trovano qui uno spazio di legittimazione che sfugge alle consuete logiche di visibilità e mercato.
Focus sugli artisti emergenti
E sul fronte commerciale la fiera ben conosce il potenziale della domanda e di conseguenza le gallerie invitate a partecipare offrono opere con un range di prezzo che parte da mille euro e non va oltre 50 mila euro, un livello che ha favorito alcuni acquisti – benché in modalità riflessiva anche in questo contesto più affordable – nel corso dell’opening ma allo stesso tempo non è mancata la curiosità da parte del pubblico. Numerose le gallerie provenienti dalla Spagna e dall’area mediterranea, e tra queste LA BIBI + REUS due gallerie di Palma di Maiorca, che si sono recentemente fuse “con l’obiettivo di diventare più competitive a livello globale e di ampliare la portata degli artisti che rappresentano”. Nel loro stand, di ispirazione mediterranea, i prezzi degli artisti esposti oscillavano tra 1.500 euro e 20 mila euro. Hanno trovato una nuova destinazione i dipinti del giovane Jamie Bragg (classe 2001) che prendono ispirazione dalle fotografie scattate dal bisnonno tra il 1915 e il 1916 che mescolano paesaggi sereni e momenti di cameratismo con la cruda realtà della guerra di trincea (da Gathering, Londra, Colonia, Ibiza prezzi da 2 a 8 mila sterline) cosi come le tele di Lydia Blakeley nelle quali trasferisce ciò che la circonda spesso tradotte prima attraverso lo schermo della sua fotocamera o del suo portatile. Presentata da Tube Gallery (Palma de Maiorca) ha vinto il premio OD Hotel, uno degli sponsor della fiera (prezzi da 5 mila a 23 mila euro).
Apprezzato anche il lavoro di Francesc Rosselló (1994) tra l’intimo e l’allegorico (Galeria Pelaires, Palma de Maiorca prezzi da 10 a 14 mila euro per i dipinti di grandi dimensioni), mentre nello stand della galleria Herrero de Tejada (Madrid), per la prima volta in fiera con diversi artisti emergenti, ha attirato l’attenzione il lavoro Gema Quiles (1994) che attraverso superfici dense e cromatismi saturi riflette sulla creazione di nuovi spazi privati come rifugio (prezzi da mille a 3.600 euro). Non sono mancate le gallerie internazionali e, tra queste, da New York ma con una base anche a Basilea aperta di recente, 532 Gallery che ha presentato, tra gli altri, Yongjae Kim, americano ma originario della Corea del Sud, che nei suoi dipinti ritrae spazi ordinari e luoghi urbani, suscitando un senso di solitudine, desolazione e malinconia (prezzi da 700 a 5 mila euro).
Un ecosistema culturale in crescita
L’ecosistema culturale di Ibiza è in espansione e la fiera agisce come fulcro della nuova art week, un’iniziativa sostenuta dal governo locale per rilanciare Ibiza anche come destinazione culturale, piuttosto che come meta della vita notturna. Il programma OFF sostenuto dall’azienda turistica delle Baleari si delinea attraverso mostre site-specific in un faro storico a Sant Antoni, in un mulino restaurato a Sa Punta des Molí e in altri luoghi dell’isola come La Nave Salinas, un magazzino del sale trasformato in uno spazio espositivo. Fondata dal collezionista e albergatore colombiano di New York Lio Malca in questi ultimi anni ha ospitato importanti installazioni di artisti come Bill Viola e Kenny Scharf e per questo appuntamento lo spazio è arricchito delle grandi tele materiche e cromatiche dell’artista californiano Spencer Lewis (in Italia lavora con Massimo De Carlo). Per il secondo anno, la fiera ha installato una scultura pubblica nella città vecchia di Ibiza nell’ambito del suo programma di arte pubblica: una monumentale civetta in bronzo ideata dall’artista tedesco Stefan Strumbel (da Ruttkowski 68, in fiera le sculture di piccole dimensioni hanno un prezzo compreso tra 8 e 9 mila euro).
Fonte: Il Sole 24 Ore