Centri in Albania, due anni senza pace. Ed è buio sui costi effettivi

Centri in Albania, due anni senza pace. Ed è buio sui costi effettivi

Il nodo dei Paesi «sicuri»

Qui si annida il primo vulnus. Perché il 4 ottobre 2024, proprio alla vigilia dell’apertura dei centri – a Shëngjin quello per le procedure di identificazione e accertamento dei requisiti; a Gjader, venti chilometri all’interno, un centro per il trattenimento di richiedenti asilo da 880 posti, più un Cpr da 144 posti e un piccolo carcere da 20 posti – la Corte di Giustizia Ue sentenzia che non si può ritenere sicuro un Paese se non lo è in alcune aree del suo territorio o per alcune categorie di persone, come gli omosessuali. L’elenco italiano, rinnovato il 7 maggio con un decreto del ministero degli Esteri, vacilla.

Quasi un anno per l’operatività dei centri

Proprio sulla base della pronuncia dei giudici del Lussemburgo, una volta aperte le strutture il 14 ottobre e avvenuto il primo trasferimento di 16 migranti a bordo della nave Libra della Marina militare (di cui quattro subito mandati in Italia, due per problemi di salute e due perché minorenni), la sezione immigrazione del Tribunale di Roma decide di non convalidare i trattenimenti a Gjader dei 12 rimasti, che vengono mandati a Bari con la motovedetta Visalli della Guardia costiera.

Il primo decreto legge

La reazione del Governo è quella di varare in tutta fretta un decreto legge al Consiglio dei ministri del 21 ottobre (decreto poi confluito in Parlamento nel Dl Flussi) per elevare la lista dei Paesi sicuri da norma secondaria a norma primaria e rafforzarne la solidità. Sono confermati nell’elenco 19 Paesi – Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia – ossia tutti quelli indicati in precedenza dalla Farnesina tranne Camerun, Colombia e Nigeria. Una strada con cui l’Esecutivo prova a riaffermare la supremazia dell’Esecutivo su una scelta che «non compete ai giudici». Il Parlamento ci aggiungerà del suo: in fase di conversione del Dl, sottrarrà alle sezioni immigrazione dei tribunali la competenza a decidere in primo grado sui trattenimenti, sia sotto il profilo della convalida sia sotto quello della proroga, per devolverla alle Corti d’appello in composizione monocratica.

I nuovi flop e lo scontro con la magistratura

La ragione è semplice: anche l’8 novembre, quando la nave Libra è di nuovo approdata in Albania, stavolta con appena otto migranti sempre rintracciati nelle acque a Sud di Lampedusa, il copione si è ripetuto. Uno era stato subito trasferito a Bari, perché risultato vulnerabile per motivi sanitari, per gli altri i giudici romani qualche giorno più tardi hanno di nuovo mancato di convalidare il trattenimento. Con un dettaglio in più: hanno sospeso il giudizio e, sulla scorta di quanto già fatto dai tribunali di Bologna, di Catania e di Palermo (intervenuti sui trattenimenti nei Cpr italiani di altri richiedenti asilo), hanno sollevato la questione davanti alla Corte di giustizia Ue.

Le pronunce della Cassazione

A dicembre 2024 interviene anche la Cassazione: il 19 dicembre, su rinvio pregiudiziale chiesto dal Tribunale della Capitale, apre alla disapplicazione del decreto ministeriale sui Paesi sicuri quando la presunzione di sicurezza contrasta con i diversi criteri di qualificazione definiti dalla disciplina comunitaria; il 30 dicembre, con un’ordinanza, chiamata in causa dal ricorso del Governo contro le mancate convalide, riconosce che spetta all’Esecutivo la determinazione della lista dei Paesi sicuri, ma anche che il giudice può e deve intervenire nel singolo caso. Ma sospende il giudizio in vista della pronuncia della Corte di giustizia europea sollecitata dai Tribunali italiani.

Fonte: Il Sole 24 Ore